Nel mondo della moda la battaglia per l’inclusione è ormai attiva da diversi anni. Se è vero che la moda è un’arte e l’arte è un linguaggio universale, sono sempre di più gli stilisti che stanno utilizzando questo linguaggio comunicativo per parlare di temi come inclusione, diversità e manifestare contro il body shaming.
Nel 2019 la Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI) ha pubblicato un Manifesto della diversità e dell’inclusione, 10 punti in cui si illustrano principi e azioni fondamentali da seguire in futuro per cambiare l’industria fashion e guidare le aziende di moda ad abbracciare un tema diventato imprescindibile.
– “La “diversità” – ha dichiarato il CNMI – è definita in termini di differenze fisiche, culturali e ideologiche. Storicamente, sono state queste differenze a determinare l’inclusione, o, al contrario, ad assumere le forme di discriminazione, intolleranza, populismo, stereotipi e marginalizzazione socioeconomica rispetto alla maggioranza. Il termine “inclusione” esprime la volontà di agevolare, sostenere e accogliere individui e/o gruppi marginalizzati in una qualsiasi forma. Il CNMI lavorerà con i propri brand per coltivare un ambiente tutelante allo scopo di garantire benessere e pari opportunità di carriera, in modo da stimolare un significativo cambiamento culturale nell’industria della moda.“
Un ulteriore passo in avanti si è fatto durante la stagione primavera estate 2021. Infatti, le organizzazioni di settore, tre delle quattro grandi capitali della moda, hanno scelto il formato co-ed (nella Grande Mela, invece, il New York Men’s Day si è tenuto il 15 settembre, prima dell’inizio del restante calendario ufficiale).
Per co-ed si intende la nuova formula della moda in cui le collezioni maschili e femminili si uniscono annientando l’immaginario del capo esclusivamente maschile e del capo esclusivamente femminile. La compresenza di due generi può avere obiettivi diversi e tra questi vi è il gender fluid.
Il brand che più di tutti ha dato forma alla modernità: Gucci, il cui direttore artistico, Alessandro Michele, ha invertito la “normalità”. Le donne indossano vestiti da uomo, gli uomini indossano vestiti da donna.
Altro esempio è quello di Maximilian Davis che con il suo brand al carnevale di Trinidad simbolo di liberazione e festa con l’abolizione della schiavitù nel 1833 nelle Indie occidentali britanniche.