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Giuseppe Ungaretti, un colosso della letteratura italiana

Poeta, scrittore, traduttore e accademico italiano, uno dei più importanti e significativi della letteratura italiana. Il poeta che si illuminava d’immenso e che poi, ha illuminato tutti noi con la sua affascinante attività poetica. Avete intuito di chi si tratta? Il caro Giuseppe Ungaretti, che ci ha lasciato esattamente cinquant’anni fa, il 1 giugno 1970. Figura emblematica e fondamentale del Novecento, al cui interno si nascondeva un intenso amore per la vita, lo stesso amore alla base di ognuna delle sue opere.

Ungaretti venne al mondo l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto, da genitori italiani, originari della provincia di Lucca. Il padre morì due anni dopo la sua nascita, la madre, invece, portò avanti la gestione di un forno di proprietà. L’amore di Giuseppe per la poesia maturó durante il suo periodo scolastico, intensificandosi con le amicizie che egli strinse nella città egiziana, impregnata di antiche tradizioni così come di nuovi stimoli.

Quando nel 1914 scoppiò il Primo Conflitto mondiale, il poeta partecipò attivamente alla guerra, arruolandosi come volontario. A seguito delle battaglie sul Carso, cominciò ad aggiornare un taccuino di poesie. I due celebri versi di “Mattina” del 1917, furono elaborate nelle trincee di quell’altopiano roccioso, insieme agli altri sofferti scritti sulla Grande Guerra, raccolte e poi successivamente stampate con il nome di “Il porto sepolto“, poi trasformato in “Allegria di naufragi“. Quest’ultimo allude all’allegria del marinaio che riesce a sopravvivere al naufragio.

Il titolo simboleggia la speranza dell’uomo di continuare a vivere, nonostante le terribili catastrofi, proprio come la guerra. L’esperienza del conflitto segnò il poeta in modo notevole: la sua partecipazione lo sconvolse profondamente e le liriche composte durante tale periodo furono marcate indelebilmente da questa esperienza. Trasparirono, così, nelle poesie di quegli anni, le tracce evidenti della lacerazione, provocate dall’orrore e dal disprezzo del conflitto.

Nonostante ciò, egli trovò in se stesso la reazione: riscoprì la propria dignità interiore e il senso di partecipazione al destino comune dell’umanità. In modo bislacco, l’uomo tentò di riscoprire e recuperare i valori più sani e profondi soltanto con le sofferenze, provocate dal dramma della guerra. Tutte le sue poesie furono dei frammenti di vita scritti al fronte e rappresentarono una denuncia contro le atrocità e le barbarie della guerra; denuncia che si nasconde dietro le parole dell’autore. Le sue opere, inoltre, sono anche un invito a recuperare, dal profondo abisso, i veri valori della vita, quali la fratellanza, l’amicizia, l’amore e la solidarietà.

La poesia di Giuseppe Ungaretti può sembrare apparentemente ambigua ed enigmatica, ma, in modo eccezionale ed eccellente, riproduce un modo d’essere e di sentire, costituisce un efficace sistema comunicativo, con l’abbondare di metafore e similitudini. Il poeta, infatti, utilizzò la parola caricandola di un intenso significato. Essa viene arricchita e resa più potente con imprevisti ed accostamenti nuovi. Spesso concentrati in una sola parola, la velocità e l’essenzialità del verso sono state denominate “poetica del frammento“, perché rievocano la forma frammentaria, in cui spesso la poesia dell’antichità classica è giunta fino a noi.

Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde. Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto.

Un segreto incredibile, che si occulta dietro le parole del caro Giuseppe Ungaretti. Un segreto che conduce i lettori delle sue poesie ad intraprendere un lungo viaggio alla scoperta del vero significato della vita.