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Alta Irpinia – il terremoto del 23 luglio 1930

Il 23 luglio del 1930 un sisma di magnitudo 6,7 colpì Irpinia e Vulture, con epicentro in Irpinia, tra Lacedonia e Bisaccia. Il terremoto colpì diffusamente Campania, Basilicata e Puglia, concentrando i massimi effetti distruttivi nell’area dell’Appennino, soprattutto fra le province di Potenza, Matera, Avellino, Benevento e Foggia. Il sisma uccise 1404 persone, interessando oltre 50 comuni di 7 province.

Nei due comuni più colpiti, che furono Aquilonia e Lacedonia, crollò il 70% degli edifici. Il 75 % delle vittime si ebbe in provincia di Avellino, il 15% in quella di Potenza, il 7% in provincia di Foggia, l’1,47% in quella di Benevento, 7 morti in quella di Napoli e 2 in quella di Salerno. Vi furono 4.264 feriti, mentre gli sfollati furono 100.000 nella sola provincia di Avellino.

Furono 20 i paesi che andarono completamente distrutti, una trentina invece quelli danneggiati. Le case crollate furono all’incirca 5.000, e più di 35.000 quelle danneggiate da riparare. La crisi sismica non fu esente da strascichi: le repliche, numerose e frequenti fino all’anno seguente, spesso con scosse di grande intensità.

Il Consiglio dei ministri del 29 luglio 1930 stanziò 100 milioni di lire, somma però inadeguata a coprire i danni e che, alla fine, si fermò a 160 milioni, nonostante le richieste del ministero dei Lavori Pubblici. Una parte dei costi di ricostruzione venne coperta da mutui che dovevano essere erogati dal Consorzio per le sovvenzioni ipotecarie.  La concessione fu rallentata proprio dai contrasti sulla valutazione dei danni tra consorzio e ministero.

Risolte le contese, si decise di costruire le cosiddette “casette asismiche”, e non le baracche, prediligendo una soluzione più definitiva, quindi. Le casette avrebbero dovuto essere pronte per l’Ottobre successivo.

Terremoto dell’Irpinia del 1930: come reagì il governo Mussolini

Il capo del Governo, Benito Mussolini, appena conosciuta notizia del disastro convocò l’allora Ministro dei Lavori Pubblici, l’on. Araldo di Crollalanza e gli affidò l’opera di soccorso e ricostruzione. Araldo di Crollalanza, sulla base delle disposizioni ricevute e in fede al RDL del 9 dicembre 1926 e alle norme tecniche del 13 marzo 1927  (le quali prevedevano la concentrazione di tutte le competenze operative, in caso di catastrofe, nel Ministero dei Lavori Pubblici, effettuò in poche ore il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile, del personale tecnico, nella zona del disastro.

Per l’occasione fu impiegato per la prima volta il treno di soccorso, che constava di una vettura per le comunicazioni radio, un vagone medico per il pronto soccorso, due vagoni di materiale sanitario e tende, uno per il sottosegretario, due destinati a 100 carabinieri e un carro attrezzi.

Dopo quattro giorni dal terremoto, ben 50.000 persone risultavano così già attendate, mentre squadre di tecnici e di operai avviavano su tutto il territorio colpito operazioni di scavo, rimozione delle macerie o abbattimento dei muri pericolanti.