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Salviamo il soldato Ray-Insigne.

“Parliamo e non ci capiamo” direbbe mia nonna e magari ci fosse questa opzione per tentare di alleviare le leggere tensioni che si sono accumulate tra Insigne ed una frangia, anche piuttosto cospicua, della tifoseria che potrebbe con il tempo trasformarsi in una frattura che poi non sarebbe facile da sanare. Non si tratta dei supporter che popolano le curve e formano lo zoccolo duro dei club organizzati, ma della gente in città, i tifosi comuni, quelli che discutono il lunedì mattina della prestazione della squadra e indipendentemente dal risultato della partita sottolineano, spesso come in una sorta di partito preso, le presunte malefatte, nella gara, del gioiello di Frattamaggiore. Dimenticando le innumerevoli giocate disegnate dal talento puro di Lorenzo che spesso permettono al Napoli di vincere e non potendo mettere in dubbio le sue eccezionali qualità tecniche, gli si rimproverano, ad esempio, la “scelta della giocata” non sempre opportuna e la continua ricerca del “tiro a giro” che è diventato il marchio di fabbrica del “Magnifico” al quale (si dice) sacrifica spesso e volentieri soluzioni migliori per la squadra. Tutte critiche che sembravano comunque poter essere gestite dal ragazzo, grazie al suo attaccamento ai colori azzurri e alle prestazioni da leader che inanellava sui campi italiani ed europei, ma che un “fatto” accaduto immediatamente dopo l’ultimo rinnovo del calciatore (aprile 2017) ha rinfocolato:il cambio di procura dagli agenti storici Andreotti-Ottaiano, al cosiddetto “mago” del settore Mino Raiola, asso dei trasferimenti record e spauracchio (o forse nemico)delle lunghe permanenze dei suoi assistiti. A torto o a ragione, questo ce lo dovrebbe spiegare il diretto interessato, ha preso corpo nell’immaginazione collettiva, che il motivo sia da ricercare in una, finora, fantomatica volontà del numero 24 di voler cambiare aria a dispetto di una fedeltà che fino a poco tempo fa sembrava fuori discussione. Non ha aiutato alla distensione dei rapporti il rigore sbagliato da Lorenzo nella gara “dell’anno”, persa contro gli avversari di sempre della Juventus, che dopo essersi impossessato del pallone ha mandato sul palo le speranze di un pareggio meritatissimo e condannato il Napoli alla prima sconfitta stagionale al San Paolo. Intempestiva forse la dichiarazione di Insigne sette giorni dopo, allorchè dopo aver segnato il gol dell’1-1 al Sassuolo disse, alla fine ed a caldo, che fino a quando sarebbe stato al Napoli, avrebbe dato tutto per la maglia, non dando in questo modo certezze per il futuro. Alcune ottime prestazioni della squadra senza il fantasista hanno poi fatto il resto nell’immaginario popolare che si “sforza” di credere ad un  club competitivo anche senza il “frattese”. Errore che si può permettere un tifoso stizzito o deluso, non una società che vuole crescere e ha bisogno di non pauperizzare l’organico  vendendo i top player, tanto più quando questi garantiscono con la loro napoletanità una forte identificazione con la città che rappresentano.