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Repubblica Italiana: le celebrazioni il 2 giugno

La Repubblica Italiana si festeggia ogni anno il 2 giugno.

La data non è stata scelta a caso: il 2 giugno si ricorda il referendum del 1946 che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha sancito la fine ufficiale della monarchia e la nascita della Repubblica.

Ma la festa della Repubblica non è sempre stata il 2 giugno.

Nel 1977, infatti, con la legge numero 54 del 5 marzo, a causa di una situazione economica difficile, la Festa della Repubblica era stata spostata alla prima domenica di giugno, ma nel 2001, con la legge numero 336 del 20 novembre 2000, la festività del 2 giugno è stata reintrodotta.

Le celebrazioni per la Festa della Repubblica coinvolgono ogni anno le Forze Armate, le Forze di Polizia della Repubblica, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, il Corpo Nazionale della Croce Rossa Italiana ed alcune delegazioni militari di ONU, NATO ed Unione Europea.

Il protocollo della celebrazione prevede che venga deposta una corona d’alloro al Milite Ignoto all’Altare della Patria e poi si svolga la parata militare, alla quale partecipano le cariche più alte dello stato.

Nel pomeriggio vengono aperti al pubblico i giardini del palazzo del Quirinale, dove si esibiscono le bande dell’Esercito Italiano, della Marina Militare, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato.

La bandiera italiana 

Il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia.

A quell’epoca l’Italia era travolta da un’onda di rivolgimenti in seguito all’invasione francese.

E quel giorno di inizio gennaio, il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni (considerato “il padre del Tricolore”), decretò “che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti”.

Così si legge nel decreto di adozione del tricolore italiano da parte della Repubblica Cispadana, emanato il 7 gennaio 1797 durante la XIV sessione del congresso cispadano.

Ma perché proprio il verde, il bianco e il rosso? Come ricorda il Quirinale, nell’Italia del 1796 attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono (quasi tutte), con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, ispirate al modello francese del 1790.

Ma non solo le varie repubbliche. Anche i vari reparti militari “italiani” costituiti a quel tempo per affiancare l’esercito di Napoleone Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima struttura in tre fasce di uguali dimensioni.

In particolare, i vessilli reggimentali della Legione Lombarda presentavano appunto i colori bianco, rosso e verde.

Quei colori erano fortemente radicati nel patrimonio collettivo di quella regione: il bianco e il rosso in particolare comparivano nell’antico stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano fin dal 1782 le uniformi della Guardia civica milanese.

Quei tre colori vennero poi adottati anche negli stendardi della Legione Italiana, che raccoglieva i soldati delle terre dell’Emilia e della Romagna, e fu probabilmente questo il motivo che spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera.

Il tricolore italiano deriva dunque da quello transalpino che nacque durante la rivoluzione francese dall’unione del bianco – il colore della monarchia – con il rosso e il blu – i colori simbolo di Parigi.

Nelle prime coccarde tricolori italiane il verde simboleggiava l’uguaglianza e la libertà.

Durante il periodo napoleonico invece i tre colori, il verde, il bianco e il rosso, acquisirono per la popolazione un significato più idealistico: il verde la speranza, il bianco la fede e il rosso l’amore.

Dora Caccavale
Dora Caccavale
Nata a Napoli (classe 1992). Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autrice del libro "Lettere di Mattia Preti a Don Antonio Ruffo Principe della Scaletta" AliRibelli Editore. Organizzatrice di mostre ed eventi artistici e culturali. La formazione rispecchia il suo amore per l'arte in tutte le sue forme. Oltre alla storia dell'arte ha infatti studiato, fin da bambina, danza e teatro. Attualmente scrive per la testata XXI Secolo.