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‘O rammaro, simbolo del rame e della tradizione partenopea

Ancora una volta Napoli è la protagonista indiscussa, ancora una volta il fascino e la singolarità di questa città emergono in superficie per sottolineare anche la magnificenza di un’intera popolazione. Particolare quest’ultima, soprattutto in passato, costituita da usanze piuttosto inconsuete; ma un amalgama di alchimia e stravaganza pure contraddistingueva le professioni del remoto centro urbano. Perché una di queste copriva un ruolo rilevante, svolgeva una mansione considerevole nel tessuto sociale del tempo. Si è spesso sentito parlare de ‘o rammaro, un mestiere tipico della tradizione partenopea e assai nota, seppur in forme differenti, anche nella società odierna.

Di origine napoletana, congiunta a quella araba, un crogiolo coeso ed intenso, questa antica figura sbarcò nell’area compresa tra Nola e l’agro Aversano intorno all’anno mille. A partire da quel momento, il suo ruolo all’interno del tessuto sociale divenne prestigioso. Apprezzato da gran parte della popolazione del tempo, tale mestiere persistette sino alla metà degli anni ’50, alcune fonti,.tuttavia, hanno rivelato la sua presenza anche alcuni decenni più tardi. La sua scomparsa, però, fu poi repentina, ma alcuni profili simili sono diffusi anche al giorno d’oggi.

‘O rammaro e il rame: una correlazione indissolubile

Esperto della manifattura e dell’artigianato, ‘o rammaro utilizzava costantemente il rame per adempiere agli impegni della propria professione. Questo metallo è stato il primo ad essere sfruttato e lavorato dall’uomo, anche per le sue stesse peculiarità: semplice da maneggiare, facile da lavorare anche al freddo, attraverso una particolare tipologia di procedimento, denominato “battitura“. Il rame, inoltre, veniva utilizzato per realizzare numerosi strumenti, soprattutto oggetti d’uso quotidiano come contenitori, stoviglie ed altri prodotti simili.

Nonostante alcuni processi, i quali facilitavano la difficoltà, svolgere la mansione del ramaio non era per tutti, poiché erano pochi coloro che tolleravano l’onere di tale professione. I futuri ramai apprendevano il mestiere sin dalla tenera età, crescendo, dunque, con la consapevolezza di dover lavorare duramente.

Una testimonianza di un antico rammaro è la dimostrazione lampante di questo aspetto fondamentale: “A volte dovevo stare seduto dodici ore per cercare con i vecchi ferri del mestiere, di dare forma e vita ad un oggetto, piegando e ripiegando il rame e ci si rompeva la schiena in questo modo per imparare a lavorare”.

Al giorno d’oggi, dunque, questo antico protagonista non è più in voga, le remote scuole professionali, nelle quali si apprendeva questo mestiere, sono ormai estinte. La figura del rammaro è andata scomparendo anche per il prezzo sempre più elevato del rame, la lavorazione è relativa ad alcuni settori specifici. Malgrado la sua rilevanza nel passato, questa professione continua, però, ad essere motivo d’orgoglio e di vanto per la tradizione della città di Napoli.