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“Così parlò De Crescenzo”, napoletani d’amore e libertà

Luciano De Crescenzo ha un dato caratteristico della sua esperienza autoriale che lo avvicina al nuovo modus operandi autoriale novecentesco, quello di non esser fautore di una scrittura professionistica, parimenti a nomi come Primo Levi e Carlo Emilio Gadda.

Il romanzo cult “Così parlò Bellavista”; eco dell’opera nietzscheana dell’oltreuomo, edito nel 1977 di De Crescenzo è la definizione di quel napoletano inconsapevole falsamente di cosa sta accadendo ora, in cui i vecchi miti, ritrovano e problematizzano su nuovi miti e nuovi tabù, spesso dialettizzati con il presente, come la camorra, la disoccupazione, l’emigrazione giovanile, l’espansione della droga.

In Così parlò Bellavista, l’ottica poliedrica dei dialoghi tra il professore e un variegato cosmo sociale fornisce l’esplicazione antropologica e sociologica di cosa sia Napoli, nell’éra anticipante la digitalizzazione e un Mezzogiorno  arretrato che va verso il moderno, spogliandosi del connotato melodrammatico e folklorico per toccare la magmaticità del presente.

La pulcinelleria è risemantizzata dietro la maglia di Maradona, il mandolino con la chitarra di Pino Daniele.

Allo stesso tempo nel turbine dei dialoghi due temi inerenti all’uomo d’amore, tipico del homo meridionalis e l’uomo liberis, esponente dell’area italiana della Penisola si scontrano fino a fondersi nel finale.

Ma a dar maggior successo al “Bellavista” è stata la trasposizione cinematografica realizzata nel 1984, accogliendo interpreti caratteristici e caratterizzanti del clima attoriale del momento, come Benedetto Casillo, Antonio Allocca e Marina Confalone.

Il film permette di allargare il grandangolo di De Crescenzo iconizzando anche alcune caratteristiche comportamentali del cosmo partenopeo, come il richiedere lo sconto, il situazionismo al limite del banale.

Anche nella trasposizione su grande schermo giganteggia il dialogo, rimarcando il ruolo avuto dal cenacolo nel mondo classico greco-romano con Platone e Cicerone. Il ruolo del fabulare veicolo princeps per trasmettere e riflettere su determinate problematiche quali il vivere privato e civile, il costume, la morale e l’amore.

Ma nella creazione di Bellavista, alter-ego di De Crescenzo detiene  sempre quel sostràto ad usufrutto dell’uomo napoletano macchiettista, che con una verve ironica e umoristica spesso resa in tratti iperrealistici; il napoletano di De Crescenzo analogo e distante a quello inventariato di Massimo Troisi , si lancia nel mondo commutato in una maniera sovra-ordinaria e spontaneo quale atteggiamento ribellistico, come Bergson ne Il riso e Freud ne Il motto di spirito ci ha insegnato a vedere.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."