Circumvisionismo. L’avanguardia antifuturista a Napoli. Il futurismo è un movimento artistico ampiamento noto e studiato, anche se riscoperto ed apprezzato soprattutto negli ultimi tre decenni .
In realtà sotto l’ampia coperta del termine si nascondono varie anime, a volte simili e altre molto diverse tra loro. C’è un futurismo astratto ed uno figurativo, l’aeropittura e il cubofuturismo . Per non parlare del post-futurismo, proseguito nel primo dopoguerra.
Circumvisionismo e futurismo
Ebbene, poco conosciuto e poco studiato è un movimento artistico nato come costola del primo futurismo, ma ben presto diventato autonomo. Il circumvisionismo comprendeva un gruppo di artisti napoletani ( Antonio Deambrosio , Carlo Cocchia e Guglielmo Peirce) che tennero la prima mostra a Capri nel 1928 presso l’Hotel Quisisana, con una conferenza di Marinetti. Questi infatti si precipitò a mettere sotto la sua ala protettrice gli esponenti del gruppo. Il suo patrocinio era dovuto al fatto che le prime opere circumvisioniste erano chiaramente debitrici dell’estetica futurista.
Tuttavia Guglielmo Peirce e gli altri, influenzati non solo dal futurismo ma anche dal cubismo, non erano «disposti a confondersi con i futuristi dell’epoca, né a compromettersi politicamente al loro fianco» Per un biennio fu Peirce a organizzare tutte le loro mostre, sempre presentate da Marinetti. A Napoli presso la Compagnia degli Illusi (Novembre 1928), poi a Roma al teatro degli Indipendenti (Gennaio 1929), a Milano nel Salone del Giornale dell’Arte (Aprile 1929). Infine ancora a Napoli, in occasione della I Sindacale Campana; anche qui Marinetti fu presente con il gruppo in una sala a questo dedicata (Giugno-Luglio 1929).
La prima mostra circumvisionista di Capri
Per l’occasione sul manifesto che pubblicizzava l’evento apparve uno scritto introduttivo di Marinetti.
“ Sono lieto di inaugurare la mostra dei pittori circumvisionisti napoletani Deambrosio, Peirce e Cocchia, che primi fra tutti i pittori napoletani rompono la bassa atmosfera del quadretto di genere, del realismo fotografico, e del chiaro di luna lagrimato con lava vesuviana nel golfo ridotto al mestiere di bidet per tavolozze baldracche.
Deambrosio, Peirce e Cocchia, geniali pittori ossessionati dalla volontà di esprimere la sensazione, la sintesi di coloreforma, lo stato d’animo indefinibile, le forze misteriose, la velocità e la simultaneità di tempo-spazio della vita moderna, appartengono alla grande ed eroica famiglia dei futuristi.
Ciononostante rimangono originali, diversi fra loro, diversi dai grandi maestri futuristi Boccioni, Balla, Russolo, Prampolini, Depero, Balestrieri, Dottori ecc. la cui reciproca diversità appare oggi lampante anche al pubblico più profano. La prima esposizione dei futuristi anteguerra, il clamoroso manifesto di Boccioni, l’esposizione del futurista Balestrieri agl’illusi sono state i combattimenti preparatori dell’attuale decisiva battaglia che noi diamo apertamente contro il passatismo napoletano. “
Pertanto la posizione dei circumvisionisti fu sostanzialmente ambigua. Considerati futuristi da Marinetti (senza peraltro smentirlo anzi) ma sentendosi antitetici se non addirittura anti futuristi.
D’altronde nell’enunciato dell’antipittura (sottotitolato come manifesto futurista-circumvisionista) la posizione nei confronti dell’arte classica, ritenuta priva dell’ansia dell’infinito e della nostalgia dell’illimitato, era assai prossima a quella futurista.
La dichiarazione d’intenti dei circumvisionisti
Gli stessi artisti si presentavano al pubblico con una dichiarazione d’intenti provocatoria e senza peli sulla lingua.” Invitiamo alla mostra circumvisionista la falange troppo numerosa dei pittori di Napoli e dintorni. Questa povera gente che trascina con stanchezza la sua noiosa vita, che ponza i problemi artistici nel campo chiuso dell’accademia e del posillipismo, che ha nell’occhio la patina e il pulviscolo dei musei e delle gallerie funerarie, sarà messa, ora, di fronte a opere di vita e la insipida esistenza delle maldicenze dei rancori dei borbottii
Ma noi già sappiamo di affrontare la sua derisione, il suo disprezzo, la sua ira — per quelli meno vecchi — il disinteresse e il borbottio canino per i più vecchi, per gli ineffabili frequentatori del Circolo Artistico. Ma è questo che vogliamo! L ’adesione della massa degli artisti napoletani al nostro gruppo segnerebbe in modo indubitabilmente preciso la nostra completa decadenza.
E rincarando la dose: “ I posillipi dormienti nel mare che sempre scintilla, i vecchi pescatori con la pipa e senza, le barchette che si cullano, i vesuvi con i pennacchi, i vicoli sbandieranti panni sporchi,… oh che soddisfazione essere liberi da tutto questo ciarpame che non è realtà, che non è nostalgia, che non è ideale, che non è nulla, fuori di un’abitudine di mano, di un andazzo tecnico! Volta a volta come si succedono le ricorrenze, amici buoni di cuore, ci esortano “ si… ma quel Palizzi! che freschezza!” , “ si, ma quel Gemito, che potenza!” , “ si… ma quel Casciaro che colore!” e sempre di fronte a tali solenni ricorrenze noi constatiamo di sentirci estranei, al disopra, al difuori della loro arte “
Ma gli strali lanciati dai circumvisionisti non riguardavano solo i pittori napoletani tradizionali ancora attardati in un fiacco tardo-ottocentismo. Polemici erano anche verso artisti di tendenza novecentista, definiti “quattro fessi”. Mentre, pur nella tendenza alla distinzione, non solo non criticavano i futuristi ma anzi loro disegni venivano ospitati in riviste quali Il Vesuvio . E ci sono lettere autografe in cui Peirce conclude con “saluti futuristi”.
Guglielmo Peirce. Dal futurismo all’antifascismo
La figura centrale del movimento fu senza dubbio Guglielmo Peirce . Nato a Portici nel 1909 da una famiglia di origine inglese, iniziò a frequentare la casa dell’avvocato e pittore comunista Antonio Deambrosio, divenuta ben presto (come più tardi lo studio di Paolo Ricci a Villa Lucia ) cenacolo per i giovani intellettuali napoletani impegnati contro il regime.
Un anno dopo aver firmato il manifesto circumvisionista, sempre più in aperta opposizione al vitalismo futurista, Peirce firmò quello dell’UDA (Unione Distruttivisti Attivisti) assieme a Paolo Ricci e Carlo Bernari. Vi si sottolineava che la rivoluzione permanente è l’unica condizione certa e vitale dell’opera d’arte. Le tesi esposte strizzavano l’occhio da un lato alla psicanalisi e al surrealismo e dall’altro al costruttivismo russo e al nuovo realismo. Segno di un percorso d’intenti non ancora chiaramente delineato.
Sempre Peirce pubblicò nello stesso anno vari articoli (ad esempio L’antipittura. Manifesto futurista circumvisionista e Circumvisionismo come arte fascista) in cui il circumvisionismo cercava, in modo peraltro contraddittorio e incompleto, di smarcarsi dall’arte promossa dal fascismo. Ma questo portò inevitabilmente il gruppo a diventare via via sempre più inviso al regime che iniziò a boicottarlo.
Nel 1931 Peirce si trasferì a Parigi con Ricci. Qui ritrovò Bernari e conobbe artisti del calibro di Gino Severini e Massimo Campigli, avendo rapporti anche coi surrealisti e con Picasso. Tornato a Napoli l’anno dopo, si rese conto che ormai la vita artistica del gruppo era diventata impossibile per la progressiva emarginazione cui era sottoposto.
Peirce nel 1935 si trasferì a Roma, ma l’anno successivo fu arrestato perché durante la perquisizione della sua casa furono ritrovati scritti di Lenin e Trotsky. Confinato a Ventotene, fu liberato dopo due anni, probabilmente per l’intervento di Marinetti. Dal dopoguerra alla sua morte, avvenuta nel 1958 a Roma (dove si era ormai definitivamente stabilito) si dedicò sempre meno alla pittura e sempre più alla letteratura e al giornalismo. All’inizio collaborò con L’Unità e L’Avanti , ma in seguito, deluso dal gruppo dirigente del P.C.I., uscì dal partito e iniziò a scrivere per giornali di diversa tendenza politica
Gli altri artisti circumvisionisti
A parte Pierce, Carlo Cocchia (1903-1993) era il più dotato ma è più famoso per la sua attività di architetto razionalista che non per quella di pittore. Altri nomi che si aggiunsero in un secondo momento furono Luigi Pepe Diaz, Gildo De Rosa e Mario Lepore. Le loro opere contengono riferimenti talora confusi, oltre che al futurismo, anche al costruttivismo russo e al cezannismo.
Si percepisce talora l’idea di fondo di una visione artistica “circolare”. Ma la scomposizione delle forme osservate a 360° gradi e poi ricomposte in una superficie confinata, pur apprezzabile come principio, esita inevitabilmente in opere che riecheggiano l’operazione dei cubisti. E inoltre i continui cambi di stile anche a breve distanza nello stesso autore sono il segno tangibile di una ricerca del nuovo non sempre compiuta e talora affannosa.
Va anche detto che essendo il circumvisionismo un movimento poco noto, nelle aste e nelle gallerie gli artisti sono sempre stati etichettati come futuristi . Ciò allo scopo di aumentarne il valore di mercato e la riconoscibilità.
Ma perché il circumvisionismo, la cui esperienza si esaurì nell’arco di soli quattro anni (1928-1932) e cioè al momento della fondazione del gruppo futurista napoletano, è così poco noto a differenza del futurismo ? Probabilmente tutto nasce da un equivoco di fondo. I circumvisionisti nelle dichiarazioni di intenti si definivano antifuturisti. Ma poi nella pratica le loro opere erano fin troppo chiaramente influenzate dai futuristi.
Quindi il loro antifuturismo restava per lo più a livello ideologico, sia artistico che politico, trattandosi di artisti generalmente antifascisti o comunque comunisti. Anche se il loro credo politico veniva professato in clandestinità, a un certo punto il regime se ne accorse e ciò contribuì all’estinzione del movimento.
Un’avanguardia da riscoprire
Bisogna anche dire che purtroppo molte opere circumvisioniste (specie quelle dei primi anni) sono andate distrutte o disperse. Solo nel 1996 c’è stato un revival grazie a due mostre quasi contemporanee: Futurismo e Meridione, (Palazzo Reale, Napoli) e I Circumvisionisti. Un’avanguardia napoletana negli anni del fascismo (Istituto Sant’Orsola, Napoli).
Nel catalogo della prima delle due, al circumvisionismo sono dedicate non più di 5-6 pagine su un totale di quasi 500. Addirittura nelle schede biografiche manca quella di Peirce, il principale esponente e teorico del gruppo.
Dello stesso artista non compare nel catalogo alcuna opera , a differenza di Cocchia, Ricci e altri. Da allora è calato nuovamente il silenzio su questo movimento. Tuttavia di recente stanno ricomparendo sul mercato dell’arte opere che si pensavano disperse.
Dalla loro analisi si conferma un insieme di tendenze diverse che a volte si stenta a ricondurre ad uno stesso stile. Una linea para- futurista (Cocchia), una decisamente post-cubista (Peirce) e un’altra neometafisica (Deambrosio). Sino a giungere a quella espressionistico-realista di Ricci.
Nel silenzio degli storici dell’arte spicca invece il meritorio tributo del Museo del Novecento a Napoli in Castel Sant’Elmo, che ospita opere di Peirce, Cocchia e Ricci, artisti di valore che restano a tutt’oggi fin troppo sottovalutati.
Ormai è giunta l’ora di approfondire lo studio di questo movimento esclusivamente napoletano che merita un posto rilevante nella storia dell’arte degli anni Trenta. Finora sui circumvisionisti era calato mestamente il sipario. Tocca agli storici dell’arte alzarlo nuovamente.