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Prete nei guai: sesso virtuale con i minori

Prete nei guai: sesso virtuale con i minori prima della messa. Ogni occasione era buona per un’occhiatina alla chat e guardare ragazzini nudi. Sesso virtuale comprato per pochi euro. Ora il parroco finisce nella rete della magistratura italiana che lo condanna a cinque anni per il reato di prostituzione minorile. Sentenza emessa dal tribunale di Termini Imerese, nella città metropolitana di Palermo.
Gli inquirenti rendono noto che il sacerdote aveva scelto come sue vittime alcuni sedicenni che sapeva in difficoltà economiche in quanto provenienti da famiglie in una condizione di disagio.

Dai minori il parroco avrebbe preteso prestazioni sessuali a pagamento attraverso delle videochiamate in cambio di poche decine di euro. Lo scambio di denaro infatti non andava oltre i dieci, venti o al massimo trenta euro, attraverso ricariche telefoniche o postepay. Questo avrebbe versato infatti il prete ad alcuni ragazzini per farsi vedere in chat a sfondo sessuale o ricevere video hot dei minori.

Prete nei guai: riconosciuto il risarcimento danni ai minori

Ai ragazzini viene riconosciuto il risarcimento dei danni come parte civile al processo. Ricevuti i soldi li utilizzavano per piccole spese come comprare sigarette, tagliarsi i capelli o andare a mangiare una pizza con la fidanzata.
In uno dei quattro casi individuati dagli inquirenti, addirittura la madre di una delle presunte vittime lucrava sulle prestazioni del figlio. La donna prendeva una tangente di 5 o 10 euro sulle somme ricevute dal prete.

La scoperta arriva per caso. In una intercettazione effettuata dai carabinieri nell’ambito di un’altra indagine, infatti, era emerso il racconto del prete e delle chat con i ragazzini online. Da lì le indagini che portarono all’arresto del prete lo scorso anno.
Nell’ordinanza di custodia cautelare il Gip sottolineò il fatto che il prete non perdeva occasione per vedere gli adolescenti in atteggiamenti intimi, facendolo prima di una messa, ma anche subito dopo aver celebrato un funerale. Il sacerdote si è difeso affermando di non aver mai costretto nessuno e che l’iniziativa era dei ragazzi. Ricorrerà in appello contro la sentenza.