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Matilde Serao: Napoli la città dove anche le pietre sono innamorate

Napoli è fermento, è vita, ma soprattutto passione. Una passione che si manifesta nella calura estiva e nella sottile insofferenza che essa porta con sé. Come dice Matilde Serao nel suo libro “Leggende napoletane”, “è per l’amore: voi certamente, sapete che tutte le cose, in Napoli, dalle pietre al cielo, sono innamorate”. La giornalista e scrittrice napoletana analizza, infatti, vari esempi per avallare la sua tesi, raccontando leggende di amore infelice e di come quella sofferenza si sia incarnato nella terra stessa, narrandoci dunque le fiabesche origini dei luoghi più conosciuti dai partenopei.

Matilde Serao, maternamente prende per mano i propri lettori e inizia a narrare loro la storia dei quattro fratelli, i quali “s’amavano di un cordialissimo amore e che non si staccavano mai l’uno dall’altro”. Vengono descritti come giovani rispettabili, di bell’aspetto e dall’animo nobile. La sorte volle che tutti e quattro s’innamorarono della medesima donna, ma “ella, nessuno di quelli voleva amare”. La donna sparì per sempre e fu evitato lo scontro tra i fratelli, i quali tuttavia non accettarono mai la sua scomparsa e decisero di aspettarla. Passati migliaia si anni, i quattro ragazzi cambiarono aspetto e divennero quattro colli “ameni e fioriti” mantenendo i nomi che avevano prima della trasformazione: Poggioreale, Capodimonte, San Martino e Vomero. La Serao conclude questa leggenda dicendo: “fioriscono le primavere sul loro capo, s’infiamma l’estate, piange l’autunno, si fa tetra la nera stagione: ed i poggi non si stancano di aspettare”; comunicandoci così quanto anche il tempo con il suo passare contribuisca al sadico gioco della passione nel dominare gli animi.

Un’altra leggenda viene narrata, quella di un giovane nel cui animo albergava sia una spensierata innocenza, sia la malinconia degli spiriti sensibili. Anche la sua storia non ha lieto fine: s’innamorò di una donna di campagna che mai ricambiò i suoi sentimenti, una donna descritta come una donna incantatrice, fredda e malvagia, di quelle che “paiono fatte di pietra”. Il giovane per non soffrire più si gettò in mare, ma “i Fati (…) vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare”: ecco come nacque Posillipo. Mentre la donna venne trasformata nell’isolotto che gli sta di fronte, Nisida. Matilde Serao narra poi le implicazioni di quella trasformazione: “Posillipo (…) dove accorrono le gioconde brigate, in lui dilettandosi, Nisida, destinata ad albergare gli omicidi e i ladri (…) così eterno il premio, così eterno il castigo”. Una leggenda che lascia sconcertato il lettore di oggi: è davvero un peccato non amare chi ama?

Continuano le storie d’amore nel libro di Matilde Serao, narrandoci prima l’origine di Mergellina e poi quella del Vesuvio e di Capri. Secondo la leggenda tramandata dalla giornalista partenopea, Mergellina prese il suo nome da un pescatore che vedendo una ninfa marina tentò di seguire, morendo affogato. Invece la storia di Vesuvio e Capri è la storia di un amore ricambiato, ma ugualmente tragico. I due amanti erano figli di famiglie nemiche che non accettarono la loro unione. I due vennero separati: la donna dopo aver pronunciato una preghiera si gettò in mare e divenne un’isola rigogliosa e verdeggiante che prese il nome di Capri. Il suo nobile amante invece che non riusciva a “chetare” il suo amore, quando seppe della sua amata “cominciò a gittar caldi sospiri e lagrime di fuoco”, divenendo così il vulcano che sovrasta Napoli.