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Lavoro e parità di genere: una legge premia le aziende virtuose

La parità di genere è un tema sempre attualissimo nel dibattito sociale.

Essere donna non dovrebbe nel 2022 essere un problema o meglio rappresentare un limite, ma purtroppo non è così.

Come dimostrato da diversi studi antropologici, trovare un lavoro per una donna è più difficile e meno remnerativo.

A poco vale che le ragazze, spesso, finiscano prima e con risultati migliori il loro percorso di formazione trovare lavoro richiede tempi molto lunghi e tante porte chiuse in faccia.

La situazione però potrebbe cambiare. Dalla legge 162/2021 potrebbe arrivare un chiaro segnale di svolta per incentivare un cambiamento culturale che non può più aspettare.

L’ obbiettivo lodevole è eliminare il gap tra uomini e donne.

Questo perchè, come sottolineato dal Ministro dell’ Economia Daniele Franco, un paese in cui esistono discriminazioni di genere è un paese la cui economia e lo sviluppo sono zoppi.

Legge 162/2021: arriva la certificazione della parità di genere

Dove non arriva la politica aziendale arriva la legge. È il caso della ” certificazione della parità di genenere”. Uno strumento che sarà rilasciato a quelle imprese che dimostreranno di aver costruito un’effettiva parità tra uomini e donne.

Alle organizzazioni che avranno raggiunto la certificazione di parità sarà riconosciuto l’esonero del versamento dei contributi previdenziali dei lavoratori nel limite dell’1 per cento e fino a un massimo di 50mila euro l’anno ciascuna. Inoltre, alcuni giorni fa, il Consiglio dei Ministri ha introdotto la certificazione della parità come elemento premiale in tutti gli appalti pubblici.

Come ottenere la certificazione

Non basteranno parole o promesse alle aziende per ottenere la certificazione di parità. Dovranno, infatti, redigere un rapporto su base biennale.

Questo rapporto dovrà contenere una fitta serie di dati, tra i quali, il numero dei lavoratori occupati di sesso maschile e di sesso femmine, quelli assunti nel corso dell’anno, l’inquadramento contrattuale e la funzione svolta, le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso, le retribuzioni complessive, comprensive dunque di indennità, bonus e ogni altra erogazione (i dati non devono indicare l’identità dei lavoratori, ma esclusivamente il sesso).

Le aziende hanno poi l’obbligo di inserire, tra gli altri, dati sui processi di selezione in fase di assunzione, sui criteri adottati per le progressioni di carriera, sulle misure adottate per promuovere la conciliazione dei tempi di lavoro e di vita e per assicurare un ambiente di lavoro inclusivo.