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L’arte di guardare l’arte, la materia oggetto di sé

Rientra nell’arte ogni attività umana basata sulla creatività e sull’espressione estetica, regolata dalla tecnica, da abilità innate o acquisite, aderente ad una norma comportamentale, che sia essa svolta singolarmente o collettivamente.

Riduttiva tale definizione dell’arte, che tende solamente a darne una spiegazione tecnica, quasi scientifica, senza considerare quella serie di implicazioni che rendono la disciplina artistica il motore immobile del mondo.

L’arte permea nella vita dell’uomo sin dalla propria comparsa sulla Terra, a darcene conferma è l’etimologia stessa del termine.

Nell’antico Sanscrito, per indicare l’arte, si usava la parola Are, che vuol dire ordinare, giunta poi, nel corso della storia, in Grecia, dove si è trasformata in Τέχνη, per poi avvicinarsi ancora un po’ di più al mondo moderno per mezzo del Latino: Ars.

Ma cosa accomuna questi tre termini, oltre ovviamente la trascrizione della moderna parola arte?

La risposta è semplice, ad accomunarli è proprio il significato più implicito, cioè cosa questi termini stessero a loro tempo a delineare, ossia la capacità di creare un qualche tipo di oggetto.

L’arte primordiale era “ridotta” alla capacità di creare oggetti d’uso comune, tramite l’utilizzo di regole ben precise, delineando ciò che oggi è definito artigianato. Un particolare concetto di arte è poi quello che viene sviluppato dai Greci, i quali utilizzavano termini che oggi sembrerebbero concettualmente troppo distanti da quella che viene considerata arte in generale. Essi erano soliti identificare l’arte per mezzo di termini quali “mimica”, “commedia”, “tragedia”, termini oggi utilizzati solamente per l’arte teatrale. Addirittura dall’arte greca era isolata la poesia, derivante direttamente dalle muse, perciò superiore, ed essendo per lo più recitata e cantata, non delineava una produzione materiale, basata su una norma rigida e specifica. La poesia greca era spesso vista come irrazionale, in grado di incantare, affascinare e sedurre le menti.

Una vera e propria suddivisione artistica, più vicina al mondo moderno, la sia ha solamente nel corso del periodo ellenistico quando vennero riconosciute nelle arti quelle comuni, richiedenti uno sforzo fisico, e quelle liberali, richiedenti invece uno sforzo intellettuale.

Ma il concetto d’arte ellenistica è ancora molto lontano da quello moderno. Nel corso della storia l’arte sarà sempre rivalutata e ridefinita, spesso allontanandosi da quegli ideali arcaici dell’età ellenistica, spesso ricercando un ritorno alle origini.

Nel Medioevo ad esempio, si ha una consistente rivalutazione delle arti, soprattutto delle arti comuni, definite in questo periodo meccaniche, escludendo da esse la pittura e la scultura.

Avvenne poi una riduzione delle arti liberali e meccaniche che furono ridotte a sette.

La poesia non è ancora entrata a far parte del mondo dell’arte finora indicato, un ideale arcaico, di ispirazione divina, ancora aleggiava sulle teste di coloro che furono poeti fino ad allora, non vi erano ancora leggi formali o contenutistiche per la poesia, che ne rendeva ancora una volta la produzione immateriale, inclassificabile tra le arti. Quest’idea visse fino al 1549, quando fu accantonata grazie alla Poetica di Aristotele, tradotta a cura di Bernardo Segni in volgare, dove la poesia già si annoverava tra le altre arti.

Netto miglioramento si ebbe nel Rinascimento, con la separazione tra artisti e scienziati, nasce nel 1735 per la prima volta il concetto di estetica legato all’arte. Di lì a poco vengono ricatalogate le arti, riducendole a cinque intese propriamente.

Esse erano la pittura, la scultura, la poesia, la musica, la danza e due arti ad esse connesse, l’eloquenza e l’architettura. L’arte venne intesa come imitazione della realtà al fine di creare oggetti belli, ma la crisi fu in quel momento inaspettatamente vicina.

Alla fine del Settecento con la nascita della fotografia, dell’architettura industriale, dell’oggettistica per la casa, il concetto di arte e di bello iniziano a barcollare, fino a giungere al Novecento, secolo di grande sconvolgimento umano, basato sulla perdita dell’identità personale e sulla sulla frammentazione dell’io, scolo segnato da due guerre mondiali, secolo che si apre alla nascita della psicologia, con l’analisi della filosofia di Nietzsche e la nascita delle dottrine di Freud. É proprio nel corso di questo secolo che viene abbandonata ogni definizione di arte onnicomprensiva, rendendo l’arte un concetto libero e aperto.

Il Novecento è quindi un anno quasi anarchico per l’arte, ma che porta allo stesso tempo alla più fervente produzione, grazia anche all’interazione tra correnti artistiche dei secoli precedenti che si affiancano e si rinnovano al contatto con la civiltà industriale, segno di rinnovamento culturale e sociale.

Il linguaggio artistico è ancora oggi variegato e molto eclettico, non esiste quindi un unico codice di interpretazione, il che contribuisce a rendere fortemente complessa la definizione della disciplina stessa.

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II