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Interruzione volontaria di gravidanza: legge 194/78

L’interruzione volontaria di gravidanza può essere oggi richiesta dalla donna entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.

Dal 14 aprile 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78.

La legge n. 194 è stata approvata definitivamente il 22 maggio 1978 ed è composta da 22 articoli.

Nel 1981 fu organizzato un referendum abrogativo per eliminarla, promosso dal Movimento per la vita, ma quasi il 70 per cento dei votanti si dichiarò a favore dell’aborto e quindi la legge non fu modificata.

Di fatto, al netto di alcuni aggiustamenti,  la legge sull’aborto in Italia è la stessa da quasi 45 anni.

La legge descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione volontaria di gravidanza:

1. Esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti,

2. Aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione della gravidanza,

3. Certificazione,

4. Invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.

Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne.

Un’analisi del fenomeno “Interruzione volontaria di gravidanza” è contenuta nelle relazioni che il Ministro della Salute annualmente presenta al Parlamento.

Esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza:

• Metodo farmacologico,

• Metodo chirurgico.

Il nodo dell’obiezione di coscienza

Uno degli elementi più discussi della legge 194 è la possibilità, concessa dall’articolo 9, per i ginecologi di ricorrere all’obiezione di coscienza e di rifiutarsi di effettuare un aborto, per esempio per motivi etici o religiosi.

Il diritto all’aborto dovrebbe essere sempre garantito, ma di fatto l’alto tasso di obiettori crea una stortura e complica per molte donne l’effettiva possibilità di accedere alla procedura.

Nel 2020, il 64,6 per cento dei ginecologi erano obiettori e in alcune regioni, soprattutto nel Mezzogiorno, la quota superava l’80 per cento (per esempio in Abruzzo, Sicilia e Molise, ma anche nella provincia autonoma di Bolzano).

La legge stabilisce che le strutture sanitarie debbano comunque «assicurare» la possibilità di abortire.

La situazione oggi

In generale, negli ultimi quarant’anni il numero di aborti effettuati in Italia è calato di oltre il 70 per cento, passando dai 234 mila interventi del 1983 ai circa 66 mila del 2020, anche grazie al miglioramento dell’accesso alla contraccezione.

Nel 2020 in particolare l’aborto farmacologico è stato eseguito nel 35,1 per cento dei casi di Ivg, con grandi differenze tra le Regioni: dall’1,9 per cento del Molise a oltre il 50 per cento in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Basilicata.

Il ruolo dei consultori

La legge 194 attribuisce un ruolo centrale ai consultori familiari, strutture istituite da una legge del 1975 in cui operano varie figure professionali, tra cui i ginecologi, le ostetriche, gli psicologi e gli assistenti sociali, per assistere le donne, i bambini e gli adolescenti nella sfera della salute fisica e mentale.

I consultori offrono servizi di sostegno psicologico, educazione affettiva e sessuale, e si occupano anche di contraccezione e Ivg che, come abbiamo visto, dovrebbe essere resa disponibile con metodo farmacologico.

La maggior parte di questi servizi sono offerti gratuitamente oppure previo pagamento di un ticket.

Secondo una legge del 1996, sul territorio nazionale dovrebbe essere presente un consultorio ogni 20 mila abitanti, ma la realtà è diversa: secondo un’indagine dell’Istituto superiore di sanità relativa al periodo 2018-2019, i consultori attivi sono in media uno ogni 35 mila abitanti.

Dora Caccavale
Dora Caccavale
Nata a Napoli (classe 1992). Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autrice del libro "Lettere di Mattia Preti a Don Antonio Ruffo Principe della Scaletta" AliRibelli Editore. Organizzatrice di mostre ed eventi artistici e culturali. La formazione rispecchia il suo amore per l'arte in tutte le sue forme. Oltre alla storia dell'arte ha infatti studiato, fin da bambina, danza e teatro. Attualmente scrive per la testata XXI Secolo.