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8 Aprile 1341: Francesco Petrarca è incoronato “poeta” in Campidoglio

Nel settembre del 1340 al poeta Francesco Petrarca erano giunte due offerte: una dall’Università di Parigi, una seconda dal Senato romano. Non aveva avuto dubbi sulla scelta.

La “laurea” sarebbe stata il segno concreto e tangibile della sua gloria poetica. E a tanti altri “simboli” differiva.

Il lauro, femminile in latino, l’alloro, “pianta della profezia, della verginità, del genio o angelo custode”, che doveva cingere la fronte di ogni uomo illustre; l’aura o l’aria, ovvero lo spirito di sapienza, che è luminoso e sottile; lauro, il metallo risplendente di luce solare; Laura, la donna amata, e il suo aureo crine, “simbolo dell’etere che avvolge il cielo come la chioma il capo”. Una visione ed un superbo calembour:erano i capei d’oro a l’aura sparsi”L’oro, l’aura, Laura. E il lauro, il trionfo. Laura“uno spirito celeste, un vivo sole/ fu quel ch’io vidi” (Canzoniere, XC).

L’Africa, opera per la quale Petrarca meritò il riconoscimento in qualità di poeta in Campidoglio, era – per Carlo Belli – “rievocazione di una realtà storica che era altresì un’immensa forza morale, destinata a protrarsi sino alla fine del mondo, malgrado le distruzioni e miserie succedute ai trionfi.”

Per il Senato dei Conservatori di Roma l’opera di Petrarca era una dichiarazione di intenti per far rivivere la grandezza della “Roma antica“, a dimostrazione che la cultura e la civiltà romane fossero quanto mai vive nonostante il Papa risiedesse ancora ad Avignone. A Petrarca, per l’appunto, veniva riconosciuta, con l’alloro, la poetica allo stesso modo in cui avveniva nell’Antica Roma dove – pare – che l’ultimo poeta ad essere incoronato con l’alloro sia stato Publio Papinio Stazio.  Proprio nel clima di riscoperta della classicità, l’onore della corona d’alloro aveva un duplice valore: uno per il poeta ricevente, e l’altro per la città che la assegnava.

L’avvenimento, tuttavia, suscitò non poche critiche e polemiche. Invero, si riteneva che la produzione di Petrarca fosse ancora esigua per essere insignito di un tale titolo.  Lo stesso Petrarca, ordunque, prima di ricevere il riconoscimento, decise di sottoporsi ad un esame. Per tale motivo, si recò presso la corte di Roberto d’Angiò a Napoli, “il re letterato”, affinché egli lo esaminasse. Soltanto nell’eventualità in cui Roberto lo avesse ritenuto degno, il poeta avrebbe accettato l’onorificenza. Petrarca arrivò a Napoli a fine febbraio del 1341 e si intrattenne con il re frequentemente durante il mese che intercorse prima di essere esaminato.

La valutazione da parte del sovrano si protrasse per tre giorni, dal mattino sino al tramonto; alcuni degli argomenti che Petrarca espose riguardarono: l’arte poetica, il fine della poesia e le caratteristiche del lauro.

Alla fine dell’esame il re riconobbe il poeta degno di ricevere l’alloro, proponendogli di essere egli stesso ad incoronarlo a Napoli, ma Petrarca non volle venire meno alla parola data al Senato romano. Roberto D’Angiò volle comunque donare a Petrarca un “manto d’Onore”, una tradizione orientale per cui il re usava donare un suo manto a chi riteneva meritevole del suo rispetto.

Inizialmente, durante la cerimonia,  pronunciò il discorso che aveva preparato, la “Collatio laureationis”, un’esaltazione della funzione della poesia e delle qualità dell’alloro, dichiarando che accettava l’onore dell’alloro non soltanto per ambizione, ma affinché il suo esempio stimolasse altri a coltivare amorosamente gli studi classici. Dopo di lui, il senatore Orso dell’Anguillara lesse il “Privilegium laureationis” – scritto in latino dallo stesso Petrarca -, discorso che dichiarava la concessione del titolo di maestro e la facoltà di insegnare, oltre ad incoronare il poeta cittadino romano. Infine, Petrarca andò a deporre la corona d’alloro, simbolo appunto della laurea che gli valse da allora in poi la qualifica di poeta laureatus, sull’altare della basilica di San Pietro. Al termine dei festeggiamenti formali, i Colonna – che ospitarono il poeta aretino a Roma durante la sua permanenza – organizzarono in suo onore uno splendido banchetto nel proprio palazzo, in piazza Santi Apostoli.