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Il cimitero delle fontanelle

Tappa obbligata per i turisti che ogni giorno affollano le strade di Napoli è il cimitero delle Fontanelle che in napoletano viene detto ‘O campusanto d’e’ Funtanelle. Si tratta di un antico cimitero della città di Napoli, situato in via Fontanelle. Fu chiamato così per la presenza, in tempi remoti, di fonti d’acqua. Il cimitero accoglie 40.000 resti di persone, vittime della grande peste del 1656 e del colera del 1836.

Questo particolare luogo è noto perché, al suo interno, vi si svolgeva un particolare rito, detto il rito delle “anime pezzentelle”, che prevedeva l’adozione e la sistemazione di un cranio detto ‘capuzzella’, al quale corrispondeva un’anima abbandonata. L’antico ossario si sviluppa per circa 3.000 m2 ma le dimensioni della cavità sono stimate attorno ai 30.000 m3. Si trova all’estremità occidentale del vallone naturale della Sanità, uno dei rioni di Napoli più ricchi di storia e tradizioni, appena fuori dalla città greco-romana, nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani. Il sito conserva da almeno quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e, soprattutto, delle vittime delle grandi epidemie che hanno più volte colpito la città. In quest’area, situata tra il vallone dei Girolamini a monte e quello dei Vergini a valle, erano dislocate numerose cave di tufo che venivano utilizzate per reperire il materiale per costruire la città. Il cimitero è scavato nella roccia tufacea gialla della collina di Materdei ed è formato da tre grandi gallerie a sezione trapezoidale che, per la loro maestosa grandezza, sono chiamate navate come quelle di una basilica. Ogni navata ha ai propri lati delle corsie dove sono ammucchiati teschi, tibie e femori. La navata sinistra è detta navata dei preti perché in essa sono depositati i resti provenienti dalle terresante di chiese e congreghe; la navata centrale è detta navata degli appestati perché accoglie le ossa di quanti perirono a causa delle terribili epidemie che colpirono la città (la peste su tutte, in special modo quella del 1656); infine la navata destra è detta navata dei pezzentielli perché in essa furono poste le misere ossa della gente povera. L’ingresso principale è attraverso una cavità sulla destra della piccola chiesa di Maria Santissima del Carmine, costruita sullo scorcio del XIX secolo a ridosso delle cave di tufo. Già alla fine del Settecento si registrò una prima sommaria sistemazione dei resti e si assistette al concretizzarsi di numerose stuoie e sudari di ossa. I resti anonimi si moltiplicarono col passare degli anni ed è qui che confluirono, oltre alle ossa trasferite dalle terresante, anche i corpi dei morti nelle epidemie. Alla fine dell’Ottocento alcuni devoti, guidati da padre Gaetano Barbati, disposero in ordinate cataste le migliaia di ossa umane ritrovate nel cimitero.

Da allora è sorta una spontanea e significativa devozione popolare per questi defunti, nei quali i fedeli identificano le anime purganti bisognose di cura e attenzione. Alcuni teschi furono quindi “adottati” da devoti che li collocarono in apposite teche di legno, identificandoli anche con un nome e con una storia, che affermavano essere svelati loro in sogno. Per lunghi anni, il cimitero è stato teatro di questa religiosità popolare fatta di riti e pratiche del tutto particolari. Insomma è certamente un luogo pieno di mistero e fascino che vale sicuramente la pena di andare a visitare. È possibile farlo tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.00.