venerdì 03 Maggio, 2024
13.1 C
Napoli
spot_img

Articoli Recenti

spot_img

Psicologia: gli effetti dell’ascolto della lingua madre sul cervello dei poliglotti

Gli effetti del suono della prima lingua sul cervello sono stati oggetto di studi in psicologia. In termini informali possiamo dire che questi effetti sono considerati “rassicuranti”. Anche nelle persone poliglotte, capaci di esprimersi in più idiomi, la lingua appresa e parlata nella prima parte della vita ha un grande vantaggio, consente al cervello di lavorare senza fatica. In altre parole per analizzare un messaggio comunicato nella lingua madre occorrono meno risorse cognitive, questa analisi avviene quasi automaticamente.

Studi sugli effetti derivanti dall’ ascolto delle lingue

Anche se questo tema raccoglie da diversi anni l’interesse della comunità scientifica ci sono pochi studi in merito, sia per quanto riguarda i poliglotti che gli iperpoliglotti. Questi ultimi riescono a padroneggiare senza difficoltà decine di lingue.

Solo l’1% della popolazione mondiale possiede abilità linguistiche così avanzate e per tale motivo è molto complicato portare avanti uno studio su questo fenomeno. Un gruppo di neuroscienziati del Massachusetts Institute of Technology ha selezionato 25 poliglotti, dei quali 16 erano iperpoliglotti.

L’esperimento in psicologia, pubblicato su biorXiv e in attesa di revisione, si proponeva di studiare gli effetti derivanti dall’ascolto di diverse lingue sul cervello dei poliglotti, compresa la lingua madre.

I partecipanti all’esperimento hanno ascoltato alcuni passi della Bibbia e di Alice nel Paese delle meraviglie: uno nella lingua d’origine, tre in idiomi familiari e quattro in lingue che non parlavano. Tra i brani nelle lingue proposte ce ne erano alcuni in lingue simili a quella madre: per esempio il francese, se la lingua madre del soggetto in questione era l’italiano, ovvero due lingue romanze.

Psicologia: lo studio dei ricercatori del Massachusetts Institute of Technology

Per osservare l’attività cerebrale, il gruppo ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che consente di osservare il volume di sangue e la concentrazione di ossigeno nel cervello. Indipendentemente dalla lingua proposta, nei soggetti si sono attivate sempre le stesse aree specializzate, nei lobi frontali e temporali sinistri del cervello. Si tratta del circuito cerebrale che usiamo per collegare i suoni al loro significato.

Nei partecipanti allo studio si è trovato che più una lingua risultava familiare più la risposta cerebrale in queste aree era evidente. Anche le lingue non familiari ma vicine a quella originale generavano un’attivazione evidente, come se il cervello stesse cercando di riconoscere delle somiglianze con le parole già conosciute.

Nonostante ciò quando i soggetti ascoltavano un estratto nella loro lingua madre si verificava un fenomeno singolare: l’attivazione cerebrale nelle aree che regolano il linguaggio era relativamente bassa. Al contrario, tale attivazione era evidente quando gli stessi soggetti ascoltavano dei brani in un’altra lingua.

Secondo gli autori dello studio le persone tendono a processare in maniera più veloce, e con un minore dispendio di energia, le informazioni nella propria lingua madre.