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Padova, donato fegato vittima del crollo del ponte

Davanti ad una tragedia, si sa, è facile lasciarsi andare al rancore. Emergono in maniera prepotente sentimenti negativi caratterizzati da rabbia, frustrazione, desiderio di rivalsa. Si cercano colpevoli, si attacca il prossimo così da cercare soddisfazione e compensazione per il proprio dolore.

Eppure c’e chi, in presenza di una tragedia, riesce comunque a conservare la propria umanità e a non dimenticarsi del prossimo. C’è ancora qualcuno, in questo mondo, che ritiene che la vita continua, che anche quando siamo in preda alle sofferenze più atroci, questa vita un senso ce l’ha ancora. E quel senso risiede nel continuare a coltivare il desiderio di aiutare il prossimo.

Così succede che la famiglia di una delle 43 vittime del crollo del ponte avvenuto lo scorso 14 agosto a Genova, decida di concedere la donazione degli organi del proprio defunto, così che una vita, nonostante tutto, possa continuare. La notizia è giunta tramite gli operatori del 118 di Padova, che hanno ovviamente chiesto di restare anonimi. Nelle loro parole si sente tutta la commozione per questo gesto compassionevole e coraggioso.

Era quasi mezzanotte quando ho ricevuto la chiamata la notte tra il 18 e il 19 agosto, in televisione continuavano a trasmettere le fotografie del crollo di Genova» ricorda uno dei due autisti. La procedura prevede di partire entro mezz’ora, non c’è tempo da perdere, gli organi si deteriorano facilmente. Il fegato deve essere impiantato entro 12 ore dall’espianto; il cuore e i polmoni hanno durata più breve: 4-6 ore. Siamo partiti a sirene spiegate – raccontano – valutando la strada, il traffico, le deviazioni, per arrivare il più velocemente possibile. L’emozione era forte perché stavamo andando incontro a una tragedia nazionale, ma grazie alla generosità di una delle vittime una persona poteva essere salvata. Gli autisti e l’equipe medica sono arrivati alle 4 del mattino e a Genova è stata eseguita l’operazione di espianto che si è conclusa alle 10 del mattino. Poi la corsa verso Padova, con il fegato conservato nel ghiaccio. Alle 13,30 l’arrivo a Padova, in tempo per poter salvare una vita al Policlinico di Padova.”

Un grande cuore, indubbiamente. Che non cancella il dolore, certo. Ma in parte lo attenua. Grazie all’esempio che solo un gesto così forte può donare.