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Le meraviglie della città di Pompei tornano alla luce

Il 1° Aprile 1748 l’antica città di Pompei torna alla luce grazie agli scavi archeologici voluti da Carlo III di Borbone. Sepolta dall’eruzione del Vesuvio nell’anno ’79, l’area archeologica è estesa circa 44 ettari ed è un sito sotto tutela dell’Unesco che lo ha dichiarato patrimonio dell’umanità.

Il ritrovamento di Pompei

I primi scavi nell’area pompeiana si ebbero a partire dal 1748, per volere di Carlo III di Borbone a seguito del successo dei ritrovamenti di Ercolano. I sondaggi furono svolti da Rocque Joaquin de Alcubierre che, credendo di essere sulle tracce dell’antica Stabiae ( antico nome di Castellammare di Stabia), riportò alla luce nei pressi della collina di Civita diverse monete ed oggetti d’epoca romana, oltre a porzioni di costruzioni, prontamente ricoperte dopo l’esplorazione.

Le esplorazioni furono ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti e ripresero soltanto nel 1754. Nel 1763, poi, grazie al rinvenimento di un’epigrafe, che parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum, si intuì che si trattava della antica città di Pompei.

Con Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV e l’ingegnere Francesco La Vega, diverse parti della città come la zona dei teatri, il tempio di Iside, il Foro Triangolare, diverse case e necropoli vennero riportate completamente alla luce.  Fu durante il dominio francese, con a capo Gioacchino Murat e la moglie Carolina, che gli scavi godettero di un momento di ottima fortuna. Venne individuata la cinta muraria e riportata quasi del tutto alla luce la zona di Porta Ercolano. Inoltre, grazie alle pubblicazioni volute proprio da Carolina, la fama di Pompei crebbe in tutta Europa, diventando tappa obbligata del Grand Tour.

Con il ritorno della dinastia dei Borbone a Napoli, gli scavi vissero un periodo di stallo. Se escludiamo Francesco I, con Ferdinando II e Francesco II, le rovine furono usate soltanto come posto da far visitare agli ospiti di corte. A seguito dell’unità d’Italia e soprattutto grazie a maggiori disponibilità economiche, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli, si assistette ad una veloce ripresa delle indagini. Cosi, in modo ordinato, con la prima divisione della città in regiones ed insulae, nel 1863 venne introdotta la tecnica dei calchi. Mentre, tra il 1870 ed il 1885, fu redatta la prima mappa dell’intera area pompeiana.

Il restauro

Durante il XX secolo furono completati la maggior parte degli scavi nei pressi di Porta Ercolano, della zona meridionale della città e di Villa dei Misteri. Mentre si intrapresero importanti sessioni d’indagine lungo Via dell’Abbondanza. A partire dagli anni sessanta furono necessari lavori di restauro per gli edifici esistenti, che hanno di molto rallentato nuovi scavi, anche a causa di problemi di natura economica. A peggiorare la situazione, nel 1980,  fu il violento terremoto dell’Irpinia, che danneggiò gravemente il sito.

Tra la fine degli anni novanta e gli inizi del nuovo millennio i nuovi scavi si concentrarono nella zona del IX regio, anche se molti fondi furono dirottati sulla conservazione ed il restauro dei monumenti già scavati. Nel 1997 l’area archeologica, come già accennato, entrò a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

A seguito della mancanza di un piano di restauro dell’intero sito, accentuato dal crollo della Casa dei Gladiatori nel 2010, l’Unione europea stanziò un finanziamento per la salvaguardia degli scavi. Tuttavia, durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione, che presero il nome di “Grande Progetto Pompei”, si verificarono altri crolli, riguardanti per lo più parti di muratura, travature dei tetti o pezzi di intonaco.