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La storia di Freya, il tricheco di Oslo condannato a morte

Freya era un bellissimo esemplare di tricheco del peso di 700 kg e di 5 anni di età che ci racconta come l’essere umano è il più temibile tra i predatori.

Una sentenza inoppugnabile l’ha condannata a morte perché pericolosa per turisti e abitanti, ma qual è la sua storia?

Scopriamolo insieme.

La storia di Freya

Il bell’ esemplare di tricheco si era visto aggirare tra Regno Unito, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia.

Si era poi stabilita nel fiordo norvegese, probabilmente perché non era riuscita più ad uscirne.

Cambiamenti climatici e scioglimento dei ghiacciai l’avevano resa un possibile pericolo per le imbarcazioni, le stesse che l’avevano intrappolata.

Eh sì, era rimasta intrappolata!  Intrappolata dalle barche di quegli stessi uomini che prima l’hanno fotografata e acclamata e poi l’hanno uccisa.

Procediamo per gradi.

Nelle settimane del “soggiorno” norvegese Freya era diventata una vera celebrità.

Foto, video documentavano la vita di un esemplare di animale selvatico ridotto ad attrazione turistica.

Gli esperti avevano più volte avvisato che lo stile di vita condotto dall’animale non andava bene.

A partire dalla mancanza di ore di sonno, si perché questi animali dovrebbero dormire almeno 18/20 ore al giorno.

Un ritmo sonno veglia che alla “star del fiordo” non era concesso.

Il via vai di turisti, infatti, impediva a Freya do dormire.

La mancanza di sonno, così come il vivere in cattività ha contribuito a rendere l’animale nervoso e poco trattabile.

Ed ecco la triste condanna.

Il direttore generale del dipartimento pesca, Frank Bakke-Jensen ha dichiarato: “La decisione di sottoporla a eutanasia è stata presa sulla base di una serie di valutazioni riguardanti la continua minaccia alla pubblica sicurezza”.

E ha poi continuato dicendo: “Il suo trasferimento in mare aperto è stato valutato a fondo con l’Istituto norvegese di ricerca marina, ma l’enorme complessità di questa operazione ci ha fatto concludere che non era un’opzione praticabile. C’erano diverse preoccupazioni per il benessere dell’animale associato a un possibile trasferimento”.

A creare scompiglio soprattutto, stando a quanto riferito dalle autorità norvegesi, l’incapacità dei turisti di rispettare la raccomandazione di mantenere un’ampia distanza dal tricheco.

E quindi non c’è stato altro da fare per questo animale il cui egoismo dell’uomo ha condotto alla morte.