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Italia, il successo si riflette negli occhi del Mancio

Le sensazioni positive e le trepidazioni sono spesso originate dal successo, epicentro dal quale provengono fama e gloria. Semplicemente ciò che segue ad un evento vincente ed è in rapporto di conseguenza con esso. Eppure il successo è qualcosa il quale possiede più valore, qualcosa di più importante, meramente qualcosa di più rispetto a ciò che sembra. Non è soltanto legato alla temporaneità e all’instabilità, ma è qualcosa di permanente, se accompagnato dall’abilità nel renderlo tale. La bravura dell’Italia resta impressionante, maneggia con maestria tale genere di qualità, i suoi effetti sono stupefacenti.

Due anni e mezzo fa circa la Nazionale veniva atrocememte eliminata dalla Svezia nei gironi di qualificazione al Mondiale di Russia 2018. Non accadeva da 60 anni: fu un colpo durissimo per una delle nazionali più titolate e più forti del globo, una percossa dolorosa per l’intero popolo italiano, abituato a ben altro. La storica disfatta sportiva segnò il fallimento di una gestione tattica apparsa inefficace al compito assegnato. Il declino di una squadra, il declino di un’intera nazione. Due anni e mezzo dopo, Mancini ha attuato un processo rigeneratore e i tifosi cominciano  così a sognare in grande.

Fin dalle prime amichevoli si scorgeva anche lontanamente l’impronta di Mancini: sin dal principio, ha assunto le sembianze di un demiurgo, il quale a suo piacimento ha cominciato lentamente a plasmare la squadra a modo suo. Ha modellato, inoltre, un progetto coerente e ben delinato, che ha condotto l’Italia ai successi attuali, alcuni anche straordinari.

La strategia tattica del “Mancio” è molto chiara: essa prevede, infatti, il dominio del possesso ed il recupero del pallone in zone avanzate del campo. Il modulo quasi sempre scelto è il 4-3-3, in grado di offrire un certo tipo di fluidità al gioco. La transizione tra la fase difensiva e quella di possesso stabilisce che la squadra si collochi in fase di costruzione con tre calciatori arretrati, lasciando vicino ai difensori centrali uno dei due terzini e permettere all’altro salire sino al confine della trequarti avversaria.

Il medesimo stile di gioco è stato applicato nella sfida di ieri a Sofia, uno stile di gioco vincente. La Nazionale, difatti, ha sfatato il tabù Bulgaria ed ha ottenuto il 24esimo risultato utile consecutivo, un primato da sogno, in particolare se si pensa da dove si è partiti. La squadra non è stata brillante, un 2-0 senza rischiare troppo, i tre punti erano fondamentali. Per non perdere ed aspirare verso grandi obiettivi, è naturale che bisogna evitare imprevisti di tale genere e dominare costantemente. Un filotto di così tanti successi vela, però, una prestazione non eccellente e catapulta gli azzurri in vetta al girone, a pari punti con la Svizzera.

Dopo il tris incassato con la Svizzera, i padroni di casa hanno tentato di difendere la retroguardia sin dai primi minuti. L’idea, infatti, era quella di non permettere agli azzurri di avvicinarsi, ma lentamente l’area di rigore bulgara è divenuta una roccaforte da assediare. In una prima frazione di gioco in cui l’Italia fatica a trovare il giusto varco per sfondare, l’arbitro fischia un rigore a favore degli azzurri. Belotti trasforma il penalty assegnato e regala ai suoi il vantaggio.

La sensazione è che, passare a condurre, possa aiutare enormemente gli ospiti, ma, al contrario, la ripresa si apre con qualche pericolo di troppo, con più di un intoppo da evitare. La Bulgaria spinge, l’Italia si difende in più occasioni con il portiere prodigio Donnarumma. A dieci minuti dal termine della partita, però, Locatelli firma il raddoppio con un vero colpo da biliardo, che beffa l’estremo difensore bulgaro e chiude definitivamente i giochi. Soffrendo in più di un’occasione, l’Italia supera la Bulgaria e sbanca Sofia. Prosegue la corsa degli azzurri, continua la modellazione di mister Mancini.