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Eleonora Duse: cento anni dalla morte della “divina”

Eleonora Duse morì il 21 aprile 1924, cento anni fa, il giorno dopo Pasqua, sola in una stanza d’albergo a Pittsburgh.

Fatale una tubercolosi latente, che non le lasció scampo. Il corpo della donna rientró in Italia grazie all’impegno di Gabriele D’Annunzio, che con l’intervento di Mussolini, riuscì nell’intento.

Ritornó in patria, a spese del governo italiano, a bordo di una nave, al cui passaggio echeggiavano le sirene delle altre navi presenti nel porto.

21 aprile 1924: Eleonora Duse “salutava” per sempre il suo pubblico 

Scelta da D’Annunzio, il più grande intellettuale del tempo, secondo qualcuno per mero opportunismo, la donna era famosa, ricca, la più grande attrice del mondo quando si conosce con il Vate a Venezia. A D’Annunzio all’epoca mancava la visibilità teatrale e chi meglio di Eleonora Duse per raggiungere tale scopo? Una attrice riconosciuta e conclamata in tutto il mondo, con la quale entra in contatto. Una donna la Duse che amó profondamente D’Annunzio, anche se spesso quell’amore è stato definito univoco.

Frequentemente gli storici parlano di una storia sentimentale “a senso unico”, anche se qualcuno non conviene con tale visione.

Applaudita per i suoi silenzi, Eleonora Duse, in tutto il mondo, dove era venerata, nonostante lei parlasse soltanto italiano. Caratteristica curiosa che fa capire quanto fosse eloquente e coinvolgente il ruolo di attrice che la donna rivestiva. Adorata dal pubblico e apprezzata dalla critica. 

In una famosa recensione teatrale francese, uno spettatore e critico, scrisse: “Io non capisco l’italiano, però osservando questa donna che si muove sul palcoscenico, magnetica, mi inginocchio ai suoi piedi”.

Un po’ come qualcuno sostiene di D’Annunzio, in senso diverso ovviamente, metaforicamente parlando, con quell’attrazione che lo spinse ad avvicinarsi alla Duse, giorno dopo giorno, in un rapporto che diventó sempre più intenso.

Come il mare io ti parlo”. Scrisse la donna al poeta. Una serie di lettere che scriveva all’amato, all’interno delle quali sono conservati ancora i fiori che gli mandava.

Lettere in cui ogni parola sembra una pennellata viola, colore del fiore preferito di Eleonora Duse, la violetta. In quei testi sembra quasi che il foglio sia utilizzato come un palcoscenico.
Certamente si tratta di documenti preziosi che si possono visionare ancora oggi e che permettono di ascoltare, ma anche immaginare la voce della celebre attrice, della quale purtroppo non esistono registrazioni audio.
Parole ricche di sentimento, inquiete e tormentate ma al tempo stesso dolci e  soavi, proprio come la personalità di Eleonora Duse, acclamata non solo in Italia.

Ricordiamo infine l’unica apparizione cinematografica di Eleonora Duse, in un film muto intitolato Cenere, tratto dal romanzo di Grazia Deledda.

Il giorno della sua morte, il 21 aprile del 1924, fuori alla stanza dell’hotel, solo la sua tutrice, ma a renderle omaggio migliaia di inglesi che vollero dare l’ultimo saluto a colei che aveva portato in alto il nome della nostra nazione. Con la morte della “divina”, com’era chiamata, si chiuse una importantissima pagina del teatro italiano, quasi estemporanea, che però rivive nei cuori di quanti oggi, a cento anni di distanza, non smettono di parlarne e ricordarla, sottolineandone la grandezza.

 

Immagine in evidenza: Feltrinelli librerie