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Caso Coca-Cola, quando lo sponsor oscura la ricerca

Il colosso della Coca-Cola potrebbe oscurare i risultati di alcune ricerche che finanzia, tuona l’accusa di un team di ricercatori internazionale, guidato dall’Università di Cambridge, che dall’analisi di oltre 87mila pagine di documenti, avuti grazie alla  Freedom of Information Act, o Foia, ossia la legge per la tutela della libertà d’informazione e il diritto di accesso agli atti amministrativi, ha scoperto alcune clausole contrattuali che permetterebbero al colosso di visionare in anteprima i risultati degli studi di alcune università statunitensi e canadesi.

La società si riserva anche il diritto di far sospendere uno studio “senza alcuna ragione”, o forse qualora fosse sfavorevole per l’azienda, e di entrare in possesso di quei dati.

I ricercatori, pur avendo pubblicato il loro studio sul Journal of Public Health Policy, hanno voluto puntualizzare di non aver trovato prove concrete riguardo un’effettiva sospensione da parte di Coca-Cola di alcuna ricerca finanziata, “tuttavia, il dato importante è che l’azienda ha il diritto di farlo”, affermano i ricercatori.

La maggior parte dei finanziamenti della Coca-Cola riguarda il mondo della ricerca sulla nutrizione e sull’attività fisica, il consumo di cibi e bevande ad alto contenuto calorico e a basso contenuto di nutrienti è uno dei fattori scatenanti fondamentali dell’epidemia di obesità infantile.

I ricercatori affermano che queste clausole potrebbero nascondere “informazioni fondamentali sulla salute”, ipotizzandone una già avvenuta applicazione.

Tra gli autori dello studio figurano anche i ricercatori della London School of Hygiene e Tropical Medicine, dell’università Bocconi e dello statunitense Right to Know, gruppo di ricerca no profit, i quali sostengono che le clausole violino gli impegni della società per il sostegno della scienza in modo trasparente e senza restrizioni.

Tra il 2015 e il 2018 il Right to Know ha presentato 129 richieste al Foia relative alle università riceventi finanziamenti dalla Coca-Cola, i ricercatori hanno così scoperto cinque contratti stipulati con quattro università, Louisiana State University, University of South Carolina, University of Toronto e University of Washington.

Coca-Cola dichiara sul proprio sito web che gli scienziati detengono il controllo totale sulle loro ricerche e che la società non ha il diritto di impedire la pubblicazione dei risultati.

“Concordiamo che la trasparenza e l’integrità della ricerca siano fondamentali. Ecco perché, dal 2016, The Coca-Cola Company non ha finanziato in modo indipendente la ricerca su questioni relative alla salute e al benessere in linea con i principi guida pubblicati sul nostro sito web da quel momento”, afferma un portavoce dell’azienda.

Le clausole contrattuali dimostrano però che Coca-Cola avrebbe potuto far valere i propri diritti durante il processo della ricerca, ricevere aggiornamenti e commenti sui risultati prima della pubblicazione e terminare gli studi in anticipo anche “senza motivo”.

“Abbiamo scoperto che alcuni contratti consentono di annullare risultati o scoperte sfavorevoli prima della loro pubblicazione. La Coca-Cola si è dichiarata all’avanguardia nel sostenere con trasparenza gli studi sulla salute che finanzia, ma i nostri risultati suggeriscono che una ricerca importante potrebbe non essere stata mai pubblicata e noi non lo sapremo mai”, precisa l’autrice della ricerca, Sarah Steele, dell’Università di Cambridge. 

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II