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Aneddoti e canzoni. La canzone, gioiello di Napoli

 Aneddoti e canzoni. La canzone è uno dei gioielli che la città di Napoli ha esportato in tutto il mondo, tanto che puo’ tranquillamente dirsi che la musica partenopea sia stata spesso Musa ispiratrice di tante tendenze musicali moderne. Il popolo napoletano è per sua natura musicale, artistico, e la poesia è parte integrante della quotidianità che si vive all’ombra del grande vulcano. Che sia d’amore, di passione, di giacca, di guapparia, il grande albero della musica napoletana si sviluppa con 1000 rami diversi, ognuno con la sua bellezza e la sua unicità. Spesso, dietro una canzone si celano aneddoti, storie, racconti, talmente profondi o incredibili da sembrare essi stessi leggenda, e, in questo nostro appuntamento, proviamo a raccontarvene una.

Si tratta di un brano relativamente moderno, del secolo appena passato, dell’immediato dopoguerra. Immaginate un grande poeta e scrittore, Edoardo Nicolardi. Siamo, come detto, quasi alla fine della seconda guerra mondiale, e precisamente nel 1944.

Aneddoti e curiosità: canzoni napoletane

Nicolardi svolge le mansioni di direttore amministrativo di uno dei più grandi ospedali della città, il Loreto Mare, collocato peraltro in uno dei quartieri più popolari della città. Una mattina mentre è indaffarato nel suo ufficio, Nicolardi sente urla e strepiti provenire dai corridoi, e, per essere più specifici, gli strepiti provenivano dal corridoio del reparto di ostetricia e maternità. Recatosi immediatamente presso il reparto, si rende immediatamente conto del motivo delle urla: una giovane popolana, non sposata, aveva appena partorito, ma la particolarità era nel nascituro, che era di colore scuro, era mulatto, e quindi le urla erano di tutte le donne della zona accorse per commentare, per fare gli inciuci, i pettegolezzi, è, perché no , per fare i numeri da giocare al Lotto. Diciamo che era uno dei cosiddetti primi “figli della guerra”, quei bimbi cioè nati da relazioni tra ragazze napoletane e soldati dell’esercito americano di stanza in città.

Alcune volte erano le ragazze a cercare di irretire gli americani, allo scopo di ricostruirsi un futuro, soprattutto economico, mentre altre volte purtroppo, si trattava di casi di violenza, o di ragazze purtroppo costrette alla prostituzione, che rimanevano coinvolte nella indesiderata gravidanza. Nicolardi, vista la situazione, prova a coglierne gli aspetti quasi simpatici della vicenda e, preso dall’estro poetico, si mette alla scrivania, ed in poco tempo scrive uno dei testi più iconici della canzone napoletana, che tutti o quasi conoscono: “è nato nu creaturo, è nato niro, e ‘ a mamma ‘o chiamma Ciro…” .

È l’impietosa analisi di una città sventrata dalla guerra, violata dai bombardamenti e dai due eserciti che si sono succeduti nel tempo del conflitto. È un po’ come il quadro tristissimo della celeberrima ” Napoli milionaria ” di Eduardo De Filippo, nella quale si disegna una città che cerca di risorgere dalle ceneri, che prova ad arrangiarsi, a vivere di espedienti, di sotterfugi, e che paga il suo dazio dovendo scendere a compromessi. Da qui le nascite… miste, come quella del brano di Nicolardi. Ora, il testo, per diventare canzone, necessitava ovviamente della musica, e per questo Nicolardi si rivolge ad un suo carissimo amico, che è anche il suo consuocero, un altro mito della canzone napoletana, E. A. Mario. Il maestro immagina così il popolo che, riunitosi, commenta l’avvenuto parto, sottolineando come, nonostante la neomamma cerchi di trovare giustificazioni, “Se… vota e gira se…” a quanto avvenuto, deve ormai arrendersi all’evidenza dei fatti ” va truvanno mo’ chi è stato…chillo ‘ o fatto é niro niro, niro niro comme a cche…” . Per dare brio al testo, sceglie un ritmo veloce, coinvolgente, oltre che popolare: un ritmo di Tammurriata. Ecco così che nasce un brano che fa parte della storia della canzone napoletana, nasce… Tammurriata nera.