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No ai sacchetti di plastica… cosa è cambiato in dodici anni

Sono stati banditi per non creare altri danni all’ambiente, si tratta dei sacchetti in plastica, il cui utilizzo è vietato dalla legge.

Il Decreto legge n. 225 del 2011 (cosiddetto Milleproroghe) non sono stati previsti ulteriori differimenti dei termini riguardanti la commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci che non rispondano ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.

Ricordiamo che la norma riguarda solo i sacchetti e le buste di plastica “a perdere” e quindi non è applicabile a borse e sacchetti che risultano essere riutilizzabili più di una volta.

In riferimento alle disposizioni di cui sopra, il 31 dicembre 2011 l’Italia è riuscita (almeno in parte, poiché ancora oggi sussistono numerosi problemi ambientali e la plastica è molto diffusa) ad allinearsi alla direttiva comunitaria, con una scelta ecosostenibile ed ecocompatibile.

Secondo l’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) sono circa centomila gli animali che s’impigliano in sacchetti di plastica dai quali non riescono a liberarsi; nella stima cui si fa riferimento, non sono inclusi i frammenti di plastica dispersi ed ingeriti. 

Ma qual è l’alternativa ai sacchetti di plastica? Il materiale utilizzato è la bioplastica (quindi di tipo ecologico) la carta, facilmente riciclabile, oppure le cosiddette shoppers in tessuto, che sia cotone, canapa o iuta, capienti, comode e anche alla moda.

Secondo le ultime ricerche condotte in ambito economico e sociale, soltanto l’uno percento delle buste di plastica usate nel mondo viene riciclato. Tutto il resto purtroppo viene disperso nell’ambiente, arrecando danni a lungo termine.

Rischi ed inquinamento ambientale

Un sacchetto si sedimenta nei vari spazi dell’ambiente per secoli, da un minimo di quindici anni ad un massimo di mille anni, secondo quanto stimato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Essendo aerodinamici, basta un soffio di vento per disperderli nell’ambiente,  nei fiumi, laghi, mari e sul territorio.

Si frantumano in minuscoli pezzi ma non si distruggono e, a volte, formano vere e proprie “isole” come a 800 miglia a nord delle Hawaii.

Dal primo gennaio del 2011 nei supermercati italiani è possibile acquistare sacchetti biodegradabili (il cui sovrapprezzo è pari a circa 20 centesimi).

Sacchetti di plastica: il divieto è diventato un’abitudine?

Non solo buste, il provvedimento riguarda anche le pellicole con cui si avvolgono frutta e verdura. Per confezionare tali alimenti i sacchetti di plastica dovranno dunque essere sostituiti da sacchetti di carta riciclata o sacchetti biodegradabili e compostabili.

Il divieto di utilizzare sacchetti di plastica è stato un vero e proprio traguardo per gli italiani, che però ha causato non poche difficoltà, soprattutto perchè si trattava di cambiare un’abitudine radicata nel tempo. 

In Italia, in un anno, si utilizzano circa 20 miliardi di buste di plastica, in media 300 a testa, un dato altissimo, che si auspica possa migliorare con il trascorrere del tempo.

La legge del 31 dicembre 2011, si può dire che sia diventata quasi un’abitudine, anche se puntualmente giunti alla cassa del proprio supermercato di fiducia, ci si accorge di non avere con sé la stopper in tessuto. 

In questo caso si possono acquistare le buste del supermecato, il cui costo varia ed è a discrezione del punto vendita. L’imposta può arrivare fino a 0.20 centesimi, che ha fruttato entrate pari a 13,5 milioni di euro solo nel primo anno dall’applicazione.

Ricordiamo che l’obiettivo “finale” è quello di ottenere una riduzione del consumo di sacchetti sotto i 50 micron di spessore del 90% entro il 2025, diminuzione calcolata in base ai livelli di utilizzo del 2011, quando è entrata in vigore la legge.