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Nicola, trovato morto a 26 anni, la famiglia: “È stata ammazzato, non è overdose”

Sono ormai trascorsi 8 anni da quando Nicola Romano, perugino di 26 anni, fu trovato morto. L’allarme fu lanciato dalla madre che non lo vedeva rientrare a casa da troppo tempo. La mattina del 17 agosto la donna contatta lo zio per controllare se stesse a casa di un amico. L’uomo si reca nell’abitazione situata in Via Mater Dei, dove però nessuno apre la porta. A quel punto rintraccia il proprietario che riesce ad accedere al portone dell’appartamento. Poi la drammatica scoperta, Nicola è riverso a terra senza vita sotto un tavolo, nella confusione generale, riesce a scattare qualche foto. Gli inquirenti giunti sul posto dichiarano la morte per overdose senza ulteriori approfondimenti.

Nicola trovato morto a 26 anni, la famiglia va a fondo della vicenda

Secondo i familiari di Nicola molte cose però non tornano e cercano di andare a fondo nella vicenda.

“Mio fratello è stato ammazzato da qualcuno non è morto per overdose” sostiene Maria Chiara Romano, sorella del giovane, a Umbria24.

“Non ci convincono le conclusioni a cui sono arrivati gli inquirenti – continua – . Da allora noi non ci siamo fermati e abbiamo svolto approfondite indagini. Il consulente legale della nostra famiglia mette nero su bianco che mio fratello è morto per soffocamento, non per overdose. Due tossicologi diversi, che hanno compiuto perizie differenti senza entrare in comunicazione tra loro, hanno stabilito che è stata trovata presenza di droga nel sangue ma non sufficiente a provocarne la morte. Inoltre  a mio fratello hanno trovato un buco sul braccio destro, ma lui non è mancino”.

L’attenzione si sposta negli ambienti di frequentazione del 26 enne:

“Abbiamo prove di persone che lo minacciavano. Mio fratello – dice ancora Maria Chiara – è stato più volte, percosso, pestato, derubato. E’ tutto provato. Anche che volevano ucciderlo. Abbiamo anche raccolto le prove di tanti che sanno ma che non hanno avuto il coraggio di parlare. Mio fratello, è vero che aveva avuto problemi di tossicodipendenza, ma ne era uscito. Ha ottenuto la patente e il visto per andarsene in Australia”.

Ipotesi omicidio

La pista dell’omicidio è stata sostenuta anche dal difensore della famiglia, l’avvocato Anna Beatrice Indiveri:

“A noi la scienza dice che Nicola non è morto di overdose – dice il legale – quindi la causa va ricercata altrove. Ci sono i segni di violenza sul corpo del ragazzo, c’è un cuscino non repertato che potrebbe essere stato usato per soffocarlo, c’è una perizia che stabilisce il soffocamento. Noi riteniamo che la quantità di droga ritrovata nel sangue sia dovuta a una somministrazione avvenuta per la vittima, a seguito di una condizione di perdita della sua coscienza e, comunque, in quantità insufficiente a provocarne la morte. Il suo corpo, quando è stato ritrovato dallo zio era in posizione difensiva, c’era una siringa vicina a lui ma non l’ago, che non è stato mai trovato. Chi ha indagato è stato sbrigativo e ha liquidato il caso come overdose. La famiglia di Nicola invece ha impiegato sette anni di indagine per fare riaprire il caso”.

Indagine riaperta

Qualche tempo fa l’indagine è stata riaperta:

“L’indagine viene riaperta: i nostri legali sono convinti che mio fratello non è morto di droga, ma è stato ammazzato con violenza. Lo conferma anche quell’abitazione in cui è stato trovato, un testimone che ha raccontato il trambusto di quella notte. Crediamo che anche agli inquirenti sia giunto il sospetto che non tutto quadra in quella ricostruzione. Ma temiamo che il troppo tempo trascorso possa convincerli che si rischi un buco nell’acqua. Eccoci ripiombati davanti a una richiesta di archiviazione – conclude – a cui ci opporremo. Noi vogliamo verità e andiamo avanti”.