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Lotta alle fake news o censura?

Lo scorso aprile (2019) l’Unione Europea annunciava una stretta sulle cosiddette “fake news“, illustrando una serie di misure che ad alcuni opinionisti sono sembrate un tentativo di disfarsi delle “vociscomodeNel gennaio 2018 si mette al lavoro a Bruxelles la task force europea che si era data l’obiettivo di contrastare le cosiddette fake news online.

Tra i 39 esperti, anche quattro italiani del mainstream: la dirigente di Mediaset Gina Nieri, il vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini, l’ex direttore del Tg1 Gianni Riotta e il docente di diritto all’università Bocconi Oreste Pollicino. In marzo (2020) il gruppo ha prodotto un documento  che nel titolo conteneva proprio la screditata espressione fake news che lo Shorenstein Center di Harvard chiedeva di eliminare dal dibattito accademico.

Ma cosa si intende esattamente per fake news? L’espressione è inadeguata a cogliere la complessità della fattispecie “disinformazione online“, poiché non tutta è completamente falsa, molta mischia vero e falso, e non tutta riguarda “notizie”  . Inoltre, può essere un’arma con cui i potenti possono interferire nella circolazione di informazione o si può con le fake news attaccare o danneggiare media indipendenti.

Siamo proprio sicuri che i media ritenuti affidabili non spaccino disinformazione, pur se di natura diversa da quella di un blog o un sito che intende solo monetizzare l’analfabetismo scientifico?
L’Unione Europea ha annunciato la stretta  , con «misure per i social network da Facebook a Twitter e aiuti ai media tradizionali per sostenere l’informazione di qualità, nonchè la nascita della prima piattaforma targata Ue per fact-checkers ‘certificati»

Cosa scatterà esattamente? Una nuova forma di censura online o una vera e propria lotta alla disinformazione in tutte le sue forme? La linea dura della UE sulle cosiddette fake news si può prestare a diverse interpretazioni.

Essendo esponenzialmente aumentati ,grazie al web , i modi per esprimere liberamente e gratuitamente posizioni culturali “ostinate e contrarie” alla dittatura del pensiero unico, il Potere stia conseguentemente adottando le contromisure per non vedersi scippata la sua possibilità di omologare indisturbato l’opinione pubblica.

Il primo provvedimento che ogni totalitarismo ha adottato, in qualsiasi zona geografica e in qualsiasi epoca, è stato l’assoggettamento dei sistemi di comunicazione massivi. In questa fase storica, in cui i vecchi canali di comunicazione, non sono ancora morti e i nuovi, ossia internet, ancora non raggiungono capillarmente le teste e le coscienze di tutte le fasce di popolazione, è in corso una lotta senza quartiere per il controllo dell’informazione.

Curiosamente, è proprio in questa fase che diventa pressoché impossibile riconoscere i divulgatori di fake news. Da un lato c’è infatti chi non ha mai dovuto scontrarsi con alcuna opposizione intellettuale e ha quindi sempre approfittato di questa condizione di privilegio: si pensi alla pretestuosa favoletta delle armi chimiche possedute da Saddam Hussein per legittimare nel 2003 la guerra contro l’Iraq.

Dall’altro lato c’è invece il pressapochismo di chi abusa di un canale informativo libero e gratuito come il web, per veicolare ogni sciocchezza con lo scopo di manipolare il pensiero dei propri lettori. Il problema delle fake news innegabilmente esiste. Ma se si volesse essere intellettualmente onesti, i controlli e le limitazioni dovrebbero essere a 360 gradi: sulle pagine Facebook, così come negli studi di Porta a Porta.