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L’insonnia: gli effetti sul cervello e come curarla

L’insonnia è il disturbo del sonno più comune: il 10% della popolazione presenta un’insonnia cronica, mentre il 25% ne soffre solo occasionalmente. Questo disturbo non prevede solo una difficoltà nell’addormentarsi, ma anche nel mantenere il sonno: è, infatti, considerato un sintomo dell’insonnia lo svegliarsi troppo presto. Ciò incide molto più di quel che si pensi sulla qualità della vita e diverse categorie, tra cui anziani, donne in stato di gravidanza e persone sottoposte a stress ne sperimentano gli effetti negativi. L’insonnia può anche essere temporanea; in questi casi spesso è associata ad eventi stressanti o cambiamenti di vita in generale: tende quindi a sparire nell’arco di 3 mesi. Tuttavia, l’insonnia può essere cronica e in quel caso le cause possono essere diverse, tra cui malattie fisiche (il dolore può portare difficoltà sia nell’addormentarsi, che nel mantenere il sonno), l’uso o l’abuso di farmaci e sostanze, il consumare alcol, abitudini o stili di vita e infine la presenza di disordini mentali.

 

Insonnia e disturbi psichici

La relazione tra sonno e disturbi psichici è complessa: spesso l’insonnia è causata da questi disturbi, ma allo stesso tempo chi fa fatica ad addormentarsi tende a soffrire di ansia e depressione. Da uno studio dell’Università di Oxford, pubblicato da The Lancet Psychiatry, è emerso che curando l’insonnia si ha un miglioramento dei problemi psichiatrici. I ricercatori dello Sleep and Circadian Neuroscience Institute hanno coinvolto nello studio 3755 studenti sparsi in 26 università del Regno Unito: tutti i giovani avevano difficoltà a dormire, inoltre è risultato che un quinto dei partecipanti fosse in contatto con i servizi di igiene mentale.

I ricercatori hanno scelto di adottare per curare una metà dei volontari la terapia cognitivo-comportamentale, la quale prevedeva un programma online, in sei sessioni della durata di venti minuti. Durante le sessioni, i volontari imparavano ad associare il letto al sonno, mettevano da parte il tempo per pensare alla giornata trascorsa prima di coricarsi e predisponevano l’ambiente adatto a facilitare il sonno. Inoltre, il programma era interattivo, quindi teneva conto dei “diari del sonno” giornalieri dei partecipanti per adattare le successive informazioni. Invece l’altra metà dei volontari era libera di ricorrere a trattamenti standard (gruppo di controllo). Dopo alcune settimane, il primo gruppo ha riscontrato un notevole miglioramento nella qualità del sonno e una riduzione delle allucinazioni e delle paranoie. I ricercatori hanno registrato miglioramenti anche nella depressione, nell’ansia, negli incubi, ma soprattutto nell’ambito del benessere psicologico.

Daniel Freeman, docente di psicologia clinica ad Oxford e responsabile dello studio ha dichiarato: “i problemi di sonno sono molto comuni nelle persone con disturbi mentali, ma per troppo tempo l’insonnia è stata banalizzata come puro sintomo di difficoltà psichiche, piuttosto che una delle cause. Il nostro studio ribalta questa vecchia idea mostrando che l’insonnia può davvero contribuire all’insorgere di disturbi mentali”. Aggiungendo poi: “aiutare le persone a dormire meglio potrebbe essere un primo passo importante per affrontare problemi psicologici ed emotivi”.

Gli effetti dell’insonnia sulla vita di tutti i giorni

L’insonnia ha diversi effetti sulla nostra quotidianità, conseguenze sia a breve che a lungo termine.  Tra gli effetti a breve termine ci sono le alterazioni dell’attenzione, della memoria, l’instabilità dell’umore e l’irrequietezza. Tutto ciò incide su più aspetti della vita di tutti i giorni, come quello lavorativo/scolastico o sociale.

Nei soggetti che dormono sempre meno di sette ore a notte si verifica un aumento del cortisolo e dell’adrenalina e di conseguenza un incremento di disturbi come ansia e depressione. Un’altra conseguenza della deprivazione del sonno è l’aumento della produzione di grelina, l’ormone che stimola l’appetito: per questo motivo chi soffre di insonnia consuma circa il 40% in più di cibi ad alto contenuto di carboidrati e dolci. Tuttavia, le conseguenze principali si ritrovano soprattutto a livello cerebrale tra ipossia (cioè la morte dei neuroni) e diminuzione della plasticità cerebrale. Durante il sonno, il cervello elimina le sinapsi inutili e potenzia quelle importanti: processo che non è possibile se non si dorme. L’insonnia, inoltre, aumenta il rischio di infarto dal momento che provoca un incremento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Aumenta anche il rischio di sviluppare demenze: l’Alzheimer può essere aggravato dall’alterazione della qualità del sonno.

Curare l’insonnia

Se si continua a soffrire di insonnia dopo 3 mesi, la cosa migliore da fare sarebbe parlarne con un medico. Esistono figure specialistiche ossia i medici del sonno. Prima dell’appuntamento, il medico richiede un diario del sonno che registri la qualità del sonno per due settimane: si deve registrare quando si va a dormire, quando ci si sveglia e quanto tempo si è stati svegli durante la notte. Queste informazioni, unite alla storia medica del paziente o eventuali indicazioni riguardo eventi traumatici, possono dare al medico degli indizi su ciò che sta causando l’insonnia e quale trattamento sia meglio scegliere.

In generale, il trattamento dell’insonnia dipende dalla sua causa. Combattere questo disturbo può implicare diversi trattamenti a partire dall’igiene del sonno ossia l’insieme di abitudini e rituali da compiere ogni notte per migliorare la qualità del sonno. Un altro metodo è la terapia cognitivo-comportamentale la quale comprende tecniche di riduzione dello stress, il rilassamento e la gestione del programma del sonno. Nei casi più gravi si può ricorrere anche all’uso di farmaci, prescritti da un medico.