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L’8 novembre Pirandello riceve il Nobel

L’8 novembre del 1943 è una data importantissima per la letteratura italiana. Luigi Pirandello ricevette il Premio Nobel, conferitogli dall’Accademia di Svezia.

Il primo cittadino all’epoca, dichiaró: “Pirandello trasse dalla sua terra gran parte della sua ispirazione, fu lì che riuscì a ‘raccontare’, con un’assoluta capacità, la solitudine, e l’incomunicabilità, il relativismo e l’impossibilità di conoscere la verità, il rapporto tra finzione, apparenza e realtà, tra maschere e volto”.

La scrittura pirandelliana, di eccezionale bellezza, si è sempre contraddistinta per quell’abile maestria dello scrittore italiano di mescolare realtà e finzione, talvolta con la giusta dose di critica. 

Uno sguardo assoluto sulla società del tempo, sugli elementi che la caratterizzavano, sull’importanza della cultura in un contesto distorto e al contempo suggestivamente narrativo.

L’8 novembre il Premio Nobel diede ulteriore valore alla grandezza della produzione tutta dello scrittore italiano, tra i preferiti di studiosi e letterati.
Luigi Pirandello ricevette l’importante riconoscimento:
Per il suo coraggio e l’ingegnosa ripresentazione dell’arte drammatica e teatrale”, così come riportava il comunicato ufficiale. 

Una vita vissuta attraverso i suoi versi, con una irrefrenabile voglia di conoscenza, con raziocinio, ironia, sempre alla ricerca della verità.

D’altronde, scrisse Luigi Pirandello: “La vita o si vive o si scrive, io non l’ho mai vissuta, se non scrivendola”.

Ricordiamo che Pirandello non rilasció nessuna intervista e alcuna dichiarazione dopo il conferimento del Nobel, quell’8 novembre del  1943.

Molto probabilmente una scelta precisa quella dell’autore, che evitó di pronunziarsi per non dover fare riferimento agli avvenimenti politici del periodo, ed astenersi di conseguenza da qualsiasi commento.

Il periodo storico contava diversi intellettuali sconcertati è profondamente deluso per l’andamento politico e culturale del momento. Le attese disattese del Risorgimento, che influenzeranno le opere dell’autore siciliano.

Nel suo romanzo più lungo, “I vecchi e i giovani“, Pirandello, dopo i massacri delle masse rurali durante i moti dei “Fasci” del 1893 esprime il proprio disprezzo per la corruzione e la meschinità seguite alle grandi speranze e alle generose lotte risorgimentali, contrapponendo due generazioni, quella dei vecchi che non solo non ha saputo trasformare in realtà il progetto risorgimentale di rinnovamento politico, ma anche morale dell’Italia e che anzi ha lasciato ai propri figli un’Italia corrotta; quella dei giovani, senza prospettive per il futuro, alla ricerca di cambiamenti, ma sostanzialmente incapaci di trovare soluzioni.

Scrittore, drammaturgo e poeta, Pirandello si avvicina anche alla psicanalisi freudiana, osservando e provando ad analizzare i disturbi mentali di cui era affetta la moglie Antonietta. I temi della disgregazione dell’Io, della perdita d’identità, del contrasto fra Vita e Forma sono il fulcro, nonché il tratto caratterizzante ed identificativo della sua poetica ma anche della sua drammaturgia.

Proprio per la grandezza e grazie ai tanti contenuti, l’incredibile bellezza delle opere pirandelliane, a distanza di anni, – quel Nobel – assume oggigiorno ulteriore importanza, denotando il profilo culturale di un intellettuale che continua a far parlare di se e a rendere orgogliosa la sua Patria.