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Elena Cecchettin: la lettera della sorella di Giulia al Corriere

Grande è il dolore che sta travolgendo in questi giorni la famiglia di Giulia Cecchettin, la ventiduenne di Vigonovo, ennesima vittima di femminicidio. Dolore che vuole essere qualcosa di più per porre fine a questo tipo di tragedie: la prima a schierarsi è proprio la sorella della vittima, Elena Cecchettin la quale, oltre a mobilitarsi sui social ha scritto una lettera al Corriere della Sera. “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I «mostri» non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro” così inizia la lettera di Elena che con grande lucidità comprende quello che si cela dietro ogni femminicidio, evidenziando come dietro ognuna di queste tragedie ci sia una società che non colpevolizza determinati comportamenti e che anzi in qualche modo li giustifica; è così che atteggiamenti sbagliati come la gelosia morbosa vengono interpretati come gesti d’amore. Punto su cui Elena Cecchettin si è soffermata più volte in questi giorni sostenendo che ogni atteggiamento possessivo non può essere definito amore. La lettera al Corriere della Sera poi continua andando a definire quella che è la cultura dello stupro: “è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”.

Elena risponde anche a chi le dice che non tutti gli uomini sono così: “Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista”. La lettera evidenzia un’altra realtà: a essere colpevole, dunque, è anche l’atteggiamento passivo di chi fa finta di nulla, di chi accetta la società patriarcale e le sue condotte nocive.

Elena infine punta il dito contro le istituzioni che non si attivano per sensibilizzare ed evitare che ciò che è successo a Giulia Cecchettin si ripeta: “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno”. La lettera al Corriere della Sera infine finisce con le seguenti parole: “Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”, invitando così chiunque legga la lettera a non limitarsi a pochi attimi di cordoglio, ma di contribuire all’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale che veda Giulia come ultima vittima della società patriarcale.

Le parole di Elena Cecchettin non sono però state apprezzate dall’ex assessore regionale e oggi consigliere del gruppo misto in Regione, Stefano Valdegamberi, il quale ha parlato di “freddezza” e “apaticità” riferendosi all’intervento di Elena Cecchettin a Dritto e Rovescio. “Non condivido affatto la dichiarazione che ha fatto. Mi sembra un messaggio ideologico, costruito ad hoc, pronto per la recita. E poi quella felpa con certi simboli satanici aiuta a capire molto…Spero che le indagini facciano chiarezza. Società patriarcale?? Cultura dello stupro?? Qui c’è dell’altro” afferma Valdegamberi sui suoi social, il quale continua dicendo “. Il tentativo di quasi giustificare l’omicida dando la responsabilità alla “società patriarcale”. Più che società patriarcale dovremmo parlare di società satanista, cara ragazza”, riferendosi alla felpa indossata da Elena durante la trasmissione. La sorella di Giulia, tuttavia, ha espresso più volte la condanna di Filippo Turetta, specificando che il suo intervento non escludeva la responsabilità personale dell’uomo, ma che voleva evidenziare quanto la società patriarcale si celi dietro queste tragedie.

In sua difesa è intervenuta la parlamentare trevigiana del Partito Democratico, Rachele Scarpa, la quale ha criticato aspramente le parole di Valdegamberi: “Nel suo disgustoso comunicato, Valdegamberi mette in discussione l’esistenza di una società patriarcale e della cultura dello stupro. Ma soprattutto commette ancora violenza: è assolutorio, distoglie l’attenzione da ciò che è successo, rompe il silenzio in cui, anche solo per pudore, farebbe meglio a restare. Grazie dunque all’ennesimo ricco maschio bianco, che usa la sua posizione di personaggio pubblico per dare fiato alla bocca e per rafforzare quella stessa cultura che uccide, anziché decostruirla. Si dimetta immediatamente. Le sue parole inquinano il discorso pubblico e mettono in pericolo tutte noi”.

Immagine: credit Ansa