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Sacro Bosco di Bomarzo: tra mistero e storia

Esiste nel Lazio, in particolare in provincia di Viterbo, un parco naturale celebre per le sue sculture grottesche e surreali: si tratta del Sacro Bosco. Si trova a Bomarzo e risale al XVI secolo, in particolare al 1547 quando l’architetto Pirro Ligorio, su commissione Pier Francesco Orsini (conosciuto come Vicino Orsini), ne sovrintese la realizzazione, ispirandosi a diverse figure mitologiche della tradizione letteraria e culturale per le statue. Su un pilastro è riportata la scritta “Sol per sfogare il core”, incisione che rivela il motivo per cui Vicino Orsini commissionò il parco: il Sacro Bosco venne realizzato in memoria della moglie di Orsini, Giulia Farnese (da non confondere con l’omonima amante di papa Alessandro VI). Probabilmente l’intento era quello di distrarre la mente dal dolore della perdita dell’adorata consorte; come dice l’incisione stessa uno “sfogo” per l’animo e per cacciare i mostri. Le attrazioni del giardino sono cariche di simbolismi, con diversi riferimenti alla mitologia e in generale all’immaginario fantastico: sono infatti, diverse le teorie che attribuiscono al parco una matrice alchemica o addirittura un percorso iniziatico. Storici e filologi hanno ricollegato le sculture del parco a diverse opere della letteratura rinascimentale, tra cui il Canzoniere di Petrarca, l’Orlando furioso di Ariosto e i poemi Amadigi e Floridante di Bernardo Tasso.

Dopo la morte del principe Orsini, il parco fu abbandonato e rimase nell’incuria per diversi secoli; nella seconda metà del ‘900 fu restaurato dalla coppia Giancarlo Bettini e Tina Severi, i quali furono poi sepolti nel tempietto interno al parco che fu anche il sepolcro di Giulia Farnese. La famiglia Bettini modificò anche la disposizione delle attrazioni. Nel 1948 il parco venne visitato anche da Salvador Dalì per si fece inquadrare insieme ai principali monumenti: il pittore ne rimase a tal punto colpito che vi trovò ispirazione per una sua opera: il visionario Le Tentazioni di Sant’Antonio.

Il parco si snoda su una superficie di tre ettari e ospita 37 strutture tra sculture in basalto, fontane, edifici pendenti e obelischi. Sono anche diverse le iscrizioni in giro per il Sacro Bosco che evidenziano un altro intento di Vicino Orsini: stupire a tutti i costi il visitatore, catapultarlo in una realtà fiabesca, surreale e grottesca allo stesso tempo. Così tra sfingi, draghi, giganti e sirene, il parco offre un’esperienza unica nel suo genere. Il simbolo del parco è sicuramente l’orco: un grande volto di pietra la cui bocca spalancata costituisce una porta per accedere a una piccola stanzetta che ospita un tavolo di pietra con delle sedie. La forma interna dell’ambiente fa in modo che le voci e i suoni rimbalzino sulle pareti, creando così un’eco dall’effetto spaventoso. Sulle labbra dell’orco si legge la scritta “ogni pensiero vola”: come un invito alla spensieratezza al visitatore. Un’altra attrazione da non perdere è la Casa Pendente, un’abitazione costruita su un masso inclinato: attenzione però perché non appena si varca la soglia, si tende a perdere l’equilibrio.