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Napoli, il boss Cimmino si pente: pronto a collaborare con la giustizia

Il boss del quartiere di Napoli del Vomero, Luigi Cimmino, 61 anni, ha deciso per la seconda volta di iniziare a collaborare con lo stato. Ma ora, dice, “sono stanco davvero e mi sento pronto“. I primi verbali del capolclan sono stati depositati quasi tutti secretati all’udienza preliminare per quaranta imputati accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver imposto tangenti e aver controllato gli appalti dell’ospedale di Napoli.

Il boss Luigi Cimmino si pente: pronto a diventare un collaboratore di giustizia

Già nel 2018 Cimmino aveva manifestato la volontà di diventare collaboratore di giustizia, ma si era trattato però, di un modo per ottenere gli arresti domiciliari per poter riprendere il comando del clan. Il proposito era “miseramente fallito all’esito dei primi interrogatori esplorativi condotti da questo uffici di Procura e da quanto emerso chiaramente dai colloqui registrati presso la struttura carceraria” dove all’epoca si trovava detenuto, ha sostenuto a suo tempo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Cimmino è stato uno dei protagonisti della recente storia camorristica partenopea. Nel giugno 1997 era lui il vero obiettivo del clan Caiazzo in un agguato che costò la vita a Silvia Ruotolo, madre dell’ex assessore – e oggi consigliere comunale – Alessandra Clemente, uccisa da una pallottola vagante davanti ai figli affacciati al balcone. Gli inquirenti sono interessati a ricostruire i rapporti tra la cosca di Cimmino e l’Alleanza di Secondigliano, un cartello di cosche indenne di pentimenti e per questo molto potenti.

Oggi i sostituti procuratori Celeste Carrano ed Henry John Woodcock hanno depositato nel corso di un processo alcuni verbali nei quali sono raccolte le dichiarazioni del neo-pentito sessantenne. Secondo quanto si apprende la decisione di Cimmino è stata accolta con prudenza dalla Procura. Di recente gli inquirenti hanno chiesto nei suoi confronti e nei confronti del figlio Diego il rinvio a giudizio, insieme con un’altra quarantina di persone, nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte infiltrazioni del clan negli appalti di importanti ospedali partenopei. L’udienza prevista oggi relativa alle richieste di rinvio a giudizio, che si sarebbe dovuta celebrare nell’aula bunker davanti al gip Maria Luisa Miranda, è stata rinviata al 18 maggio per consentire a tutti gli imputati di valutare riti alternativi.