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Canale di Agnena: sequestrato impianto di depurazione

7 maggio  2020, a pochissimi giorni dalla fine del lockdown, la foto scattata da un drone lungo il litorale domitio, che ritraeva una macchia nera che dal canale di Agnena si riversava in mare, diventa virale.

E’ il sintomo di un mare malato, dell’ennesima prova di quanto l’attività antropiche incidano sull’ambiente.

Aperte subito le indagini per individuare i responsabili, di quest’ennesimo attentato al mar Tirreno già provato da anni di soprusi.

In un primo momento venne incriminata un’azienda bufalina di Capua, posta sotto sequestro sino a fine giugno.

La responsabilità però non sarebbe di tale azienda, bensì  il mal funzionamento di un impianto di depurazione di acque reflue che serve quattro comuni del casertano. La procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata da Maria Antonietta Troncone, ha disposto il sequestro d’urgenza dell’impianto di depurazione   intercomunale, ubicato a Vitulazio. L’impianto serve anche i comuni di Pastorano, Bellona e Camigliano, per un totale di  18.700 persone. I sigilli sono stati apposti dai carabinieri della stazione forestale e dai militari della Guardia Costiera di Castel Volturno.

Inoltre sono stati iscritti nel registro degli indagati i sindaci dei quattro comuni succedutisi dal 2015 ad oggi, ipotizzando che le acque reflue urbane provenienti dai quattro paesi del Casertano finissero senza trattamento direttamente nel canale Agnena, e quindi nel Tirreno.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere si è avvalsa durante le indagini della collaborazione dell’Arpac e dell’istituto Zooprofilattico di Portici. Lo scorso maggio, quando la macchia è per così dire apparsa alla foce del canale di Agnena, infatti, i tecnici dell’Arpac hanno provveduto ad una serie di campionamenti dell’ acque. Analizzandole sarebbe emersa una quantità di escherichia coli nettamente superiore a quella prevista dalle norme vigenti. Analisi successive, svolte presso l’Istituto zooprofilattico di Portici avrebbero evidenziato che il DNA maggiormente presente nelle acque fosse umano.

Questo il motivo per il quale si è accantonata l’ipotesi dello smaltimento illegale di reflui animali provenienti dalla su citata azienda bufalina di Capua, ma ha avvalorato la tesi di un cattivo funzionamento dell’impianto di depurazione.

Questo fenomeno, rende noto l’ufficio inquirente, si sarebbe già verificato negli anni 2004, 2012, 2016 e 2019.

Quanto al fenomeno in se, della macchia nera nel Tirreno, l’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra), che ha anch’esso collaborato alle indagini, ha spiegato, in una nota, che nei primi giorni di maggio c’è stata una risalita dell’acqua marina all’interno dell’Agnena, che ha  provocato la formazione di una sorta di  tappo alla foce. Nei giorni successivi questo tappo sarebbe  “scoppiato” portando in mare quanto accumulato nel canale.