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Anna Frank, una vita simbolo della Shoah

Annelies Marie Frank, nome completo di Anna Frank, nacque a Francoforte sul Meno il 12 giugno 1929, secondogenita di Otto Frank, banchiere e veterano di guerra, e Edith Frank.

Durantei primi anni ’30, a causa di una crisi economica e con Adolf Hitler che, divenuto cancelliere, muoveva i primi passi verso un regime nazista,  Anna e la sua famiglia furono costretti a fuggire dapprima ad Aquisgrana e successivamente ad Amsterdam, dove la giovane, insieme alla sorella Margot e i genitori, visse gran parte della sua vita.

La fuga nei Paesi Bassi diede alla famiglia Frank la possibilità di un nuovo inizio e proprio qui, Otto Frank,  fondò una nuova società, la Opekta, che produceva pectina come addensante per la marmellata; ma questa nuova vita non durò a lungo.

Infatti,  l’invasione della Polonia da parte della Germania diede il via alla Seconda Guerra Mondiale che, nel maggio degli anni ’40, raggiunse anche l’Olanda.

Lo scoppio della guerra e le conseguenti leggi razziali portarono la giovane ebrea, tra il 1942 e il 1944, a nascondersi insieme alla sua famiglia in una dependance segreta negli  uffici della società del padre, grazie all’aiuto di Jan Gies, amico di Otto, e sua moglie Miep, a cui, il padre della Frank, aveva trasferito la proprietà della stessa società.

Fu durante questo periodo che, per il suo 13esimo compleanno, ad Anna Frank venne regalato un diario dalla copertina di tessuto bianco e rosso, che ad oggi rappresenta una vera e propria biografia e che diventerà negli anni il simbolo della Shoah.

Il diario inizia con la frase – “ Spero che ti potrò confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un gran sostegno.

Il 4 agosto  del 1944, la famiglia Frank, tradita da un informatore anonimo, venne arrestata dalla Gestapo nell’appartamento segreto in cui si nascondevano, rappresentando per tutti,  il finale amaro di un diario che, quando fu pubblicato nel 1946 proprio dal padre, ne colpì l’incredibile ottimismo e fede nell’umanità di una ragazzina che, contro ogni volontà, era stata catapultata in uno dei tempi più oscuri della storia dell’essere umano.

Probabilmente  fu proprio questo “fastello di contraddizioni” a decretare il successo e la popolarità del diario dove, un innocente ragazzina, scriveva dei sentimenti che provava e dei sogni di scrittrice a cui aspirava, commuovendo e ispirando milioni di persone.

Infatti, nel 1944, Anna Frank decise di lavorare ad un manoscritto dal titolo Het Achterhuis (L’alloggio segreto) prendendo spunto dai suoi diari e note, a seguito di una trasmissione radiofonica in cui il ministro del governo olandese, Gerrit Bolkestein,  aveva preannunciato l’intenzione di pubblicare, a guerra conclusa, il libro che meglio avesse raccontato quello che fu il trattamento che i tedeschi  riservarono agli olandesi durante l’occupazione.

Anna Frank morì di tifo accanto a sua sorella Margot nel campo di sterminio  di Bergen-Belsen in cui fu deportata, tra il febbraio e il marzo del 1945.

Il libro fu notato nel 1947  andando in stampa, con una prima edizione, intitolata “Het Achterhuis” nei Paesi Bassi, mentre la prima edizione italiana del Diario di Anna Frank fu pubblicata da Einaudi, con prefazione di Natalia Ginzburg nel 1954.

Il diario termina con una frase emblematica che non ha bisogno di alcuna spiegazione – “… e cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se… non ci fossero altri uomini al mondo.