Il Coronavirus ha avuto ripercussioni sulla società cinese in modo strabiliante. Ad oggi, la popolazione cinese colpita è oltre le 25000 persone e 500 decessi e non vi è stata ancora trovata una soluzione, come annunciato stamane dall’Oms al Financial Times.
Ma, in Italia la paura sta dilagando a macchia d’olio. Dopo i vari ricoverati sulla pemisola e il caso della cameriera di Verona, dimessa nella giornata di domani, sta prendendo piede una vera disgregazioni delle relazioni sociali tra italiani e comunità cinese radicate nelle varie città italiane.
Per comprendere gli effetti nefasti in modo tangibile, basta fare un giro nelle Chinatown radicate in molte aree della capitale oppure in Lombardia, quest’ultima presente sul territorio da oltre un decennio.
Ad avere effetti catastrofici sono soprattutto le attività economiche della comunità cinese residente in Italia.
Stando a quanto emerge dai primi dati, con serrate di numerosi negozi e il boicottaggio di prodotti made in China, soprattutto di ristoranti e alimentari. Clamorosa è infatti la perdita di alcuni imprenditori, i quali hanno calcolato un crollo del fatturato da gennaio pari al 70%.
Ad alimentare questo clima di tensione, contribuiscono anche le fake news che dilagano attraverso i social attraverso i più banali contenuti. Per arginare tale situazione è stato disposto un centralino con numero 1500, a cui sono già giunte le domande più blande che testimoniano il clima di terrore vigente soprattutto per ignoranza da parte dei cittadini, su cui giocano in modo facile i contenuti diffusi in rete .
I social network sono infatti in molteplici episodi motori di clima d’odio, come già comprovato ai danni di popolazioni africane provenienti dai luoghi vittima della crisi libica e dell’Isis, suscitando negli utenti atteggiamenti d’ostilità verso persone di altre etnie. Nota è infatti la fake news della retribuzione giornaliera di un tot euro e del loro essere stabilizzati in strutture alberghiere di primo piano.