Una scioccante verità quella emersa dal rapporto Cemento coast to coast: 25 anni di natura cancellata dalle più pregiate coste italiane, presentato quest’oggi dalla famosa associazione animalista WWF. Lo studio, il cui titolo lascia ben poco all’immaginazione, ha analizzato nel dettaglio la situazione delle coste italiane mettendo a confronto dati odierni con quelli risalenti a 25 anni fa e, grazie anche al supporto di alcune immagini tratte da Google Earth, ha dimostrato come oltre 8mila chilometri di coste siano stati martoriati dal 1988 ad oggi dalla costruzione di villaggi, residence, porti, autostrade e altre numerose attività umane che ne hanno causato, oltre un’alterazione paesaggistica, la perdita di biodiversità e patrimonio naturale.
Sebbene le regioni più colpite da questo triste processo di cementificazione delle coste siano Sicilia e Sardegna, a segnare un poco gradito record è la costa adriatica dove solo una percentuale inferiore al 30% della costa è effettivamente libero da urbanizzazioni di alcun tipo. A sostegno di questi dati una serie di foto dall’alto che attestano la drammatica situazione regione per regione. Non sfuggono all’urbanizzazione incontrollata nemmeno le aree protette, quelle che l’Europa ci chiede di tutelare e salvaguardare e che, nonostante tutto, rischiano di sparire a poco a poco.
Le conclusioni presentate quest’oggi dal WWF non fanno che confermare quanto già denunciato quest’anno dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che ha definito il generale stato di conservazione delle coste italiane di interesse comunitario non soddisfacente.
Dinanzi ad una situazione così drammatica è naturale chiedersi di chi siano le responsabilità e sebbene sia impossibile trovare un responsabile unico è invece facile individuare una serie di co-responsabili che, collaborando tra loro grazie anche all’aiuto di una situazione normativa assai intricata, contribuiscono a deturpare quegli incantevoli luoghi che il mondo intero ci invidia. Aziende operanti nel settore turistico, amministrazioni locali, Regioni, Stato sono solo alcuni dei possibili responsabili di un danno ambientale di tali vaste dimensioni.
Il WWF non si limita a porre in evidenza la drammaticità della situazione ma avanza delle proposte concrete per contrastare questo triste fenomeno che, come l’associazione stessa afferma attraverso le parole del direttore alle politiche ambientali Gaetano Benedetto si pensa sia legato al passato, agli anni del boom delle seconde case e della grande speculazione edilizia o del raddoppio delle concessioni demaniali del 2000 ma che purtroppo non è così perché l’invasione del cemento non si è mai fermata. “Garantire il rispetto delle normative e adottare politiche fiscali incentivanti sui comuni per la conservazione di ciò che resta ancora libero da cemento lungo le coste” ed estendere i vincoli paesaggistici di tutela dai 300 metri ai 1000 metri di battigia, sono alcune delle proposte di cui l’associazione si è fatta portavoce.
Donatella Bianchi, presidente di WWF Italia ha dichiarato: “Solo una visione miope e scellerata può consentire questo scempio” e ancora “Gestione integrata, uso sostenibile e attento, rinaturalizzazione dovranno essere le parole chiave del futuro, magari investendo in un lavoro di recupero e riqualificazione delle nostre coste, speculare a quello invocato da Renzo Piano per le aree periferiche delle grandi città. Se si riuscirà a fare tutto questo tra 10 anni la fotografia dallo spazio sarà meno inclemente e potremo dire di essere riusciti a salvare la nostra ‘Grande Bellezza’ che confina col mare”.