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Violenza sulle donne: Polonia condannata dal Consiglio d’Europa

E’ stata condannata la Polonia dal Consiglio d’Europa in quanto accusata di non prevenire né contrastare adeguatamente la violenza sulle donne. Non esistono centri anti stupro, i medici non hanno le conoscenze necessarie per effettuare esami medici e forensi delle vittime e la legge penale sui reati sessuali va riformata. Inoltre le donne trovano numerosi ostacoli anche quando devono abortire in seguito a uno stupro e durante i processi: questi i motivi per cui è stata condannata la Polonia.

Il rapporto è stato redatto dal Gruppo di esperti sull’azione contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, il quale monitora l’attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne.

Monica Costa Riba, impegnata con Amnesty International per la tutela dei diritti delle donne in Europa, afferma: “Questo rapporto conferma quello che le donne e le ragazze polacche sanno fin troppo bene: che l’attitudine profondamente misogina del loro governo le pone, ogni giorno che passa, sempre più a rischio di subire violenza”.

Inoltre, continua: “La mancanza di protezione adeguata per le vittime della violenza, una cultura che tende a incolparle per la violenza subita, leggi antiquate e impunità costituiscono una miscela drammatica. Invece di affrontare questo urgente problema, ad esempio adottando una definizione del reato di stupro basata sul criterio del consenso, i legislatori polacchi stanno minacciando di rendere il paese ancora meno sicuro per le donne e le ragazze, come attraverso la proposta di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul in favore di una nuova legge sui ‘diritti della famiglia’ che limiterebbe l’uguaglianza di genere e i diritti delle persone Lgbti”.

Il Consiglio d’Europa, nel rapporto del 16 settembre 2021, sollecita la Polonia a riscrivere la sezione del codice penale che riguarda i reati sessuali “incorporando la nozione del consenso dato liberamente e assicurando sanzioni adeguate per tutti gli atti sessuali compiuti senza il consenso della vittima”.

Il rapporto diffuso dal Consiglio d’Europa mette in luce oltre alla mancanza di protezione nei confronti di donne vittime di violenza, le difficoltà delle donne polacche nell’interrompere gravidanze a seguito di uno stupro, nonostante quest’ultimo sia riconosciuto come motivo per ricorrere all’aborto.

Le donne, si dice nel rapporto, subiscono ogni sorta di ostacolo, iniziando dal fatto che queste devono ottenere un rapporto d’indagine che certifichi il sospetto che la gravidanza sia la conseguenza di un atto criminale prima di rivolgersi a servizi di medicina che effettuino aborti legali.

Inoltre queste procedure dovrebbero essere introdotte e applicate anche quando i medici rifiutano di eseguire aborti per motivi di coscienza, limitando così la libertà di scelta delle donne polacche.