Per anni ne abbiamo solo sentito parlar male. Diseducativi e violenti, i videogiochi sono da sempre al centro del mirino di genitori e psicologi. Da oggi le cose potrebbero cambiare: la startup americana, Akili Interactive Labs, ha messo a punto il videogame Project.Evo che potrebbe aiutare a diagnosticare addirittura L’Alzheimer e altri problemi neurodegenerativi. I test vanno avanti da Marzo e promettono bene, tanto che è stata già attirata l’attenzione e i finanziamenti di alcune multinazionali farmaceutiche.
Il gioco è strutturato in maniera semplice: l’utente, muovendo un dispositivo manuale, indirizza un alieno lungo un fiume e allo stesso tempo preme sullo schermo in corrispondenza di pesci o uccelli. Questo esercizio, messo a punto dal neuroscienziato dell’università di San Francisco, Adam Gazzaley, mette in moto quello che in neurologia viene definita “elaborazione di interferenza”, una funzione che è tra le prime a venire meno in caso di problemi neurologici. Il fondatore della compagnia, Eric Elenko, spiega che “Il sistema raccoglie dati 30 volte al secondo mentre l’utente gioca, e li analizza in tempo reale”.
Diagnosticare l’Alzheimer oggi vuol dire sottoporsi al costoso esame PET, il quale ricerca accumuli di proteine, ovvero placche amiloidi all’interno del cervello. Per i test sono state reclutate persone con un alto grado di placche e persone con un basso grado; una volta terminate le partite, sono stati elaborati i risultati per vedere se e quanto il grado di placche contenute in ognuno dei pazienti avesse influito sul punteggio. E’ sempre Elenko a spiegare che ”Se riusciamo a dimostrare che i risultati del gioco sono proporzionali alle placche, avremo un metodo di diagnosi economico e preciso”.
Non è la prima volta che tecnologia e scienza s’incontrano: negli ultimi anni sono nati tanti progetti di questo tipo, come ad esempio quello che ha coinvolto Play Station e Nintendo Wii per la riabilitazione delle vittime di Ictus. Questa volta le tecnologie si abbracciano per sconfiggere uno dei mali più subdoli della nostra società.