Ancora una volta il Vesuvio diventa il protagonista di una mostra a Napoli. A distanza di anni dalla fortunatissima retrospettiva dedicata ad Andy Warhol e al suo vulcano versione pop-art, a’ Muntagna, così come viene chiamato affettuosamente dai napoletani, torna ad essere il tema dominante di un’esposizione artistica.

Un vulcano dalle mille sfaccettature, dalla seducente dolcezza associata alla minacciosità della distruzione, che domina tutto il territorio circostante creando miti e leggende attorno alla sua temibile figura. Il Vesuvio nell’antichità era considerato una semplice montagna come il Monte Somma da cui deriva, perché la sua sommità era celata da una fitta vegetazione e i suoi abitanti ne ignoravano la pericolosità. Fu solo dopo la grande eruzione del 79 d.C che rase al suolo Pompei ed Ercolano che il mondo si accorse della sua potenza distruttiva, timore che ancora oggi persiste nell’animo degli abitanti che vivono alle sue pendici. Il Vesuvio, o meglio i Vesuvi, sono 7 acquerelli su carta realizzati da Lino Fiorito, già scenografo del regista Paolo Sorrentino e cofondatore del gruppo teatrale Falso Movimento. Artista al servizio della pittura, cinema e teatro, le cui opere sono ora esposte al Museo Archeologico Nazionale fino al 4 aprile 2016. Sette lavori di grandi dimensioni che intendono raccontare le tante facce del Vesuvio attraverso la versatilità dei colori all’acquerello capaci di rendere la bellezza che l’artista vuole esaltare. Ed è la mitezza dell’ambiente intorno al vulcano, in cui terra e mare si fondono, a dominare la scena privata dello spettro di un’imminente catastrofe.
“I Vesuvi sono quelli che, bambini, si costruivano al mare con la sabbia, quelli che emettevano anche fumo, grazie alle pagine di un vecchio giornale e a qualche cerino” (L. Fiorito)