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sabato, 3 Giugno 2023

Verità nascoste: storia di un amore tradito di Vito Compagnone

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Speranza Papasidero
Speranza Papasidero
Collaboratore XXI Secolo. 24 anni, studentessa alla facoltà di Lettere Moderne della Federico II, Napoli. Ama perdersi per ore nelle pagine di romanzi e racconti, adora i gatti e sogna di diventare giornalista, editore e scrittrice.

Verità nascoste: storia di un amore tradito. E’ questo il titolo del primo lavoro editoriale di Vito Compagnone, ex consigliere comunale e sindaco di Sant’Arpino.  Un libro, presentato domenica 27 aprile al Palazzo Ducale di Sant’Arpino, che attraverso una scrittura scorrevole, semplice e brillante, riesce a ripercorrere un arco di tempo lungo e doloroso, dal dopoguerra fino alla caduta dei regimi comunisti; per arrivare ai nostri giorni, alla speranza riposta nei giovani, nel nuovo governo, nelle aspettative che qualcosa possa davvero cambiare.
Vito Compagnone ci racconta del suo avvicinamento al PCI, ai valori di libertà e rispetto che questo professava e, rievocando ricordi e amarezze, ci narra anche il perché del suo allontanamento dallo stesso dopo l’apertura degli archivi segreti contenenti tutte le atrocità consumate in Unione Sovietica negli anni ’20. Evento che lo portò, suo malgrado, a dire basta a quel grande amore che l’aveva fino a quel momento coinvolto e appassionato: quello per il comunismo.

Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a scrivere questo libro?

«Chi legge il libro ha la certezza di scoprire esattamente il perché di questa mia scelta, a partire dalllo stesso titolo e dal sottotitolo.
“Le verità nascoste” riguardano la politica degli anni ’20 portata avanti dal partito comunista sovietico. Il sottotitolo, “Storia di un amore tradito”, va cercato in quella parte di me che ha dato tutta se stessa in quegli anni, perché affascinata dall’idea di rivoluzione, di grande democrazia e libertà che tale rivoluzione andava a mettere in campo.
Venni letteralmente travolto, come tantissimi altri giovani e affascinato da tutto ciò mi avviai verso un combattimento vero e proprio nella vita di tutti i giorni.»

Cosa la spinse ad allontanarsi dal Partito Comunista Italiano?

«La dottrina che ci era stata inculcata in quegli anni, inizialmente, non ci consentì di avere subito un’apertura a 360° capace di farci capire che stavamo andando nella parte sbagliata.
Posso dire con certezza che l’allontanarmi dal PCI ebbe inizio con la mia elezione a sindaco di Sant’Arpino, quando sopportai esperienze atroci non solo sotto il profilo professionale ma anche personale. Questo mi fece tanto male, soprattutto nel momento in cui cercai di abbozzare un segno di indipendenza, di libertà, che a tutti i costi voleva essere sopraffatto da quelle che erano le posizioni dogmatiche del partito.
Ci fu anche un complotto nei miei confronti, relativamente alla candidatura degli anni successivi. Dopo avermi candidato a capolista della lista del PCI, in consiglio comunale, invece, fecero eleggere a sindaco un consigliere comunale che non era neanche stato scelto dal popolo sovrano.
Ritenni dunque opportuno prendermi una pausa e per cercare di capire, per tentare di acquisire coscienza su ciò che veramente stava accadendo, cominciai a viaggiare per i paesi dell’Est alla ricerca delle “verità nascoste”»

Che cosa ha trovato?

«Tante cose che mi fecero riaprire gli occhi. La mia prima tappa fu la Cecoslovacchia che fu un vero e proprio schiaffo per me. Mi ritrovai in un paese allo sfascio dove prostituzione, corruzione e polizia segreta erano presenti ovunque e gli operai vivevano di quel poco che nella logica del “terrorismo comunista” si riusciva a distribuire.
La cosa più importante di quei tempi e che mi mise nella condizione di scoprire il mio “amore tradito” fu l’apertura degli archivi segreti, dai quali vennero fuori cose strabilianti e disumane sotto il profilo del terrore che si era seminato nel corso di quegli anni d’inferno, durante i quali ci si avviò verso una vera e propria dittatura comunista.
In Unione Sovietica non c’erano i forni crematori come nella Germania nazista ma, comunque, esistevano condizioni climatiche e igieniche così devastanti per gli internati nei gulag, erroneamente chiamati campi di lavoro, che quasi nessuno riuscì ad arrivare vivo fino alla fine. Mentre per le 6 milioni di vittime dell’olocausto è stata indetta una Giornata dlla Memoria, per i 20 milioni di morti causati dal comunismo sovietico nessuno si è preoccupato di mettere sotto accusa i colpevoli. Mi chiedo solo, perché?»

Per quanto riguarda le accuse all’allora segretario del PCI, Palmiro Togliatti?

«Togliatti aveva il compito di schedare, ad uno ad uno, ogni italiano che mettesse piede in Unione Sovietica, con informazioni riguardanti il passato su parentele, lavori, frequentazioni ed altro. Il lavoro dell’allora segretario si chiudeva con un giudizio quasi sempre negativo sul connazionale espatriato, racchiuso in un’apposita relazione trasmessa alla Ceka che conduceva il segnalato, attraverso controlli e sorveglianze continue, dritto nella tagliola dell’inquisizione. Da un giorno all’altro ci si ritrovava privi della propria libertà, rinchiusi nei gulag.»

Dopo aver scoperto tali atrocità a quale linea politica decise di affiancarsi?

«Inizialmente mi avvicinai al PSI di Craxi. Vedevo in quest’uomo l’istinto di una indipendenza e una libertà che lo portava a tagliare quel cordone ombelicale che da anni univa il PCI al PSI. Oggi, però, amo definirmi un uomo libero, senza nessun obbligo che mi tenga unito ad altri e il piacere più grande che attualmente provo è quello di riuscire a professare liberamente il mio pensiero, con la certezza di non essere legato a nessun tipo di dogma politico.»

Cosa pensa del governo Renzi?

«Credo che stia cercando davvero di dare uno scossone alla situazione in cui è venuta a cadere l’Italia.
Ci sono ancora uomini del Partito Comunista che non riescono a fare un passo verso quell’obbligo di rinnovamento che ha visto impegnati tutti i paesi dell’Est dopo la caduta dei regimi comunisti. Renzi è riuscito a mettere da parte alcuni di questi “santoni” che continuano a volere che gli altri pensino come loro e non demorde nonostante le accuse.
Non esistono più partiti e partiti, ideologie e ideologie. Esistono solo uomini che fanno e uomini che non fanno. Lasciamo lavorare il Presidente del Consiglio ancora un po’ perché se sono morti gli ideali, le idee vivono ancora.»

 

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