Valentino Zeichen (Fiume 1938-Roma 2016) è stato un poeta che ha fatto della lotta al consumismo e agli sprechi la sua ragione di vita. Una scelta radicale, per lui sfollato in giovane età assieme ai genitori e a 300.000 esuli istriani.
Valentino Zeichen. Il poeta della baracca. Arrivato con la famiglia a Roma, pur eleggendo la capitale a sua dimora definitiva, appena ha potuto si è installato nei quaranta metri quadri di una fatiscente casa-baracca in via Flaminia 86 (zona Borghetto Flaminio). Prima aveva trovato casa col padre ed il nonno (che lì faceva il giardiniere ) a Villa Borghese, nelle scuderie dell’attuale Casina che ospita il Museo Carlo Bilotti
Un poeta profugo a vita
Per comprendere la scelta di una vita così radicale da parte di uno dei massimi poeti vissuti a cavallo tra Novecento e Duemila basta leggere i seguenti versi:
“[…] un dubbio ci pedina / così diffidiamo di ogni luogo di residenza / poiché in qualche stanza dei loro stabili / siamo attesi per morirvi / perciò vorremmo fuggirli / e non incontrare mai quel posto designato
Il suo stile di vita sfiorava il francescanesimo. Nella baracca aveva solo una stufa, mangiava pochissimo, consumava pochissima energia e pochissima acqua. Si vestiva solo con indumenti regalati da amici, portava un paio di sandali per l’estate e uno per l’inverno.
Una poesia anti-lirica
Avendo vissuto un’esistenza spartana e votata all’essenzialità, anche la sua poesia è lo specchio della sua concezione della vita. Nonostante da giovane avesse simpatia per i poeti surrealisti, la sua poetica virò ben presto verso un inconfondibile e disincantato anti-lirismo. Comune peraltro ad altri autori della cosiddetta scuola romana (Valerio Magrelli e Patrizia Cavalli in particolare).
Così si autoritraeva nei versi de “Il poeta”, una delle sue poesie più celebri:
Presumibilmente/sembro un poeta di elevata rappresentanza/sebbene la mia insufficienza cardiaca/ha per virtù medica il libro del “cuore”./Abito appena sopra il livello del mare/mentre la salute, la purezza, la ricchezza/e gli sport invernali/stazionano oltre i mille metri./Perciò mi ossigeno respirando l’aria/dei paradisi alpini/così arditamente fotografati/dagli scalatori sociali/nonostante la pericolosità dei dislivelli.
Si è detto di lui che scriveva come viveva, ma nonostante tanto rigore, Zeichen era conosciuto in tutta Roma e aveva stretto amicizia con intellettuali e ambienti e circoli letterari . Frequentatore in particolare di poeti (Merini e Raboni) e di pittori (Mambor, Accardi, Pisani, Merz) ai quali tuttavia non risparmiava ironici strali. Pur non avendo affatto un carattere facile, tuttavia era molto apprezzato e non erano infrequenti inviti a cena da parte di persone diversissime tra loro. “ Un poeta al massimo può sperare di imbucarsi a una cena da 500 finti VIP” (da “Diario di un morto di fame “).
Tuttavia , anche a causa del suo carattere schivo e per niente amante della mondanità, in vita non ebbe particolari riconoscimenti letterari. Anche perché spesso i suoi versi trattavano temi considerati ostici per la poesia tradizionale : ecologia, geopolitica, chimica e scienza, le sue grandi passioni.
Nel 2015 la giuria tecnica del Premio Poesia Città di Fiumicino, composta da Milo De Angelis, Fabrizio Fantoni, Luigia Sorrentino, fece in tempo a conferirgli il Premio alla Carriera. Un anno prima della sua morte, avvenuta per un infarto quale complicanza di un pregresso ictus cerebrale.
Per il resto condusse una vita intenzionalmente grama. ‘’Stanotte vado a letto senza cenare. Digiuno dietetico, precauzione igienica, purificazione? La verità è che non ho niente da mettere sotto i denti”. A un certo punto si trovava senza lavoro, senza alcun reddito neanche occasionale , senza pensione, senza libri in classifica. Solo in una baracca coi suoi libri. Una vita come versione moderna della massima latina “carmina non dant panem”.
Da baracca a Casa della Poesia
Valentino Zeichen. Il poeta della baracca. La quale, grazie all’iniziativa della figlia Marta, finora è stata oggetto solo di alcuni lavori di manutenzione per ospitare eventi e letture. E conserva ancora tutti i libri di Valentino Zeichen. Ma il progetto più ambizioso è farne una vera e propria Casa della Poesia Contemporanea.
I progetti ci sono (Dipartimento di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma) e se ne parla sin dal 2017. L’ostacolo principale, a parte il finanziamento, resta però la necessità imprescindibile di istituire un vincolo comunale sull’intero lotto (comprendente cinque abitazioni in realtà tutte abusive ) considerando la baracca di Zeichen come residenza d’artista. Solo un sogno? Ma in fondo i poeti non sono dei sognatori? Lo diceva anche lui:
La mira dell’artista
deve essere superiore
a quella dell’arciere
poiché punta all’infinito.