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Trattato di Schengen, l’idillio sovranista non durerà

Il Trattato di Schengen sopravviverà alla crisi del Covid-19. I sovranisti si illudono, ma nel corso del tempo il trattato è stato sospeso già 116 volte.

Trattato di Schengen: l’idillio sovranista non durerà, la libera circolazione sopravviverà

Da quando esiste l’Unione Europea, esiste difatti il Trattato di Schengen, cioè un trattato dell’Unione Europea. Sovente chi tifa contro questa istituzione sovranazionale, che unisce i popoli più bellicosi e pericolosi della storia dell’uomo,  lo mette in discussione. Difatti esso è una convenzione dell’Accordo di Schengen del 1985 che si guadagnò l’estensione di trattato dell’Ue quando fino al 1999 tutti gli Stati dell’attuale Unione lo sottoscrissero a varie tappe. L’Italia vanta questa sottoscrizione addirittura nel 1990 (anno in cui venne firmata la convenzione dell’accordo).

Schengen non è soltanto inserito nel sistema normativo dell’Unione Europea, ma è soprattutto un simbolo. La libertà di circolazione dei popoli d’Europa era una delle fantasie più spinte dei padri fondatori. Un continente senza frontiere. Un baluardo, appunto, che chi ha come obiettivo la disgregazione dell’Europa, e dell’Euro, vuole abbattere a tutti i costi. Ci sperano, inutile negarlo, che il Covid-19 sconfigga l’Europa. Non dal punto di vista della salute dei cittadini ma sotto il profilo delle istituzioni europee. E’ vero, l’Europa vacilla, barcolla sotto la pressione mediatica. La libera circolazione, in quanto bandiera non economica dell’Europa, sopravviverà, questo è certo, e nulla fa pensare al contrario.

Libera circolazione già sospesa 116 volte

Come ha analizzato bene anche l’Agi, la libera circolazione non è nuova a restrizioni. Il trattato che prende nome dalla città lussemburghese è  stato sospeso già 116 volte dal 2006 ad oggi. Il dato arriva dalla Commissione europea, ed il primo Paese in assoluto saldo in classifica è la Francia con 8 ore di stop. Il trattato non è quindi nuovo a sospensioni, del tutto temporanei e dettati da emergenze.

In linea di massima Schengen non è mai stato messo in discussione concettualmente ma bloccato solo in casi emergenziali. Alcuni esempi forniti dall’Agi sono illuminanti: “L‘Italia ha reintrodotto i controlli alla frontiera per il G8 di Genova, nel 2001, per quello de L’Aquila, nel 2009, e per il G7 di Taormina, nel 2017. Il Belgio ha sospeso la libera circolazione per gli Europei del 2000 e il Portogallo per quelli del 2004; l’Austria nel 2008 e la Francia nel 2016. La Norvegia ha sospeso il Trattato in occasione della cerimonia dei premi Nobel nel 2009 e nel 2012; l’Estonia per la visita del presidente Usa nel 2014 e la Spagna per il matrimonio dell’allora principe ereditario, oggi re Felipe”.

La stragrande maggioranza dei motivi riguarda il terrorismo o emergenza migranti. Nel primo caso c’è una chiara matrice di sicurezza, nel secondo pesa una mancanza di regole. Leggi che il Parlamento europeo, con anche deputati eletti di destra e di sinistra italiani, ha sempre evitato di fare. Ogni Stato vuole gestirla da sé, poi quando le cose non vanno la colpa viene attribuita all’Europa. Anche questa volta, con la crisi Coronavirus, Schengen va incontro ad un a sospensione forzata per l’emergenza sanitaria (d’altronde non si può lasciare, per decreto, casa propria od il proprio comune, sarebbe illogico consentire di lasciare il proprio Paese).

Trattato di Schengen, l’importanza teorica e pratica

Attivo dal 1995 nella gran parte degli Stati d’Europa (oggi dell’Ue), il Trattato di Schengen ha anche un’importanza teorica. E’ il trattato di applicazione dei principi fondativi di Maastricht nel punto che prevede la libera circolazione di persone e merci. E’ talmente fondamentale per la vita dell’Unione Europea che anche i Paesi non aderenti all’Unione Europea lo adottano. Difatti anche Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera sono firmatari dell’accordo ed a loro potrebbe aggiungersi anche la Gran Bretagna che dal 1 febbraio 2020 non fa più parte dell’Unione. Per questo, ed altri motivi, la sopravvivenza dell’Unione è, più che mai, legata al trattato di Schengen. Che sopravviverà, è una delle poche certezze della fine della crisi sanitaria.