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Tra guerra e razzismo: come questa influenza la cultura

Lo spettro del razzismo che aleggia sulla cultura, l’interruzione dei rapporti culturali. Sia con le istituzioni russe è rivelatrice di un atteggiamento contraddittorio durante la guerra, che non rispetta l’idea di un dialogo alla base della cultura.

Oltre le conseguenze palesi del conflitto in Ucraina, nell’occidente sta emergendo un comportamento strano ma contagioso. Le istituzioni politiche ed economiche ribadiscono che l’occidente non è in guerra.

Ma una guerra c’è e ci sono fenomeni che lo confermano, i licenziamenti, i rincari dei prezzi, il costo della cita, anche questa è guerra.

La sensazione di ostilità nei riguardi della Russia è diventata in qualche modo sensibile da indurre il direttore degli Uffizi che afferma di non voler chiudere i musei ai russi.

Questo gesto di un direttore di un’istituzione importante a livello internazionale che sente l’esigenza di porre la distanza ad azioni come non mandare opere in Russia per dieci anni. Oppure chiudere il museo di Palazzo Pitti, significa che queste proposte sono state formulate. Le condizioni sono tali che il Cremlino non ha atteso molto chiedendo il rimpatrio di tutte le opere in suolo estero.

Il punto è che c’è un solo aggettivo per identificare d’immaginare il licenziamento di una persona perché russa, o di non inviare opere d’arte ai musei, questo aggettivo è razzista.

Tutto l’occidente si è alleato per condannare la guerra in Ucraina. Ma se un organo pubblico e istituzionale decide di interrompere una relazione culturale con un museo russo, allora la questione diventa incoerente e inaccettabile.

Incoerente e inaccettabile perché si è passati dall’indignazione e dalle proteste su argomenti importanti a boicottare le relazioni culturali con i cittadini di un Paese. Miope perché l’interruzione dei rapporti culturali fa inasprire la narrazione di Stato. Le riflessioni su questo atteggiamento, non sono solo riguardanti l’etica ma anche un’assenza di una visione di sviluppo, politico ed economico.