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Tatuaggi: gli antichi primordi di un’intrigante tradizione

Inquietudine e timore sono spesso accostati al tatuaggio, antica tecnica di decorazione pittorica corporale dell’uomo, scarsamente apprezzata nel tessuto sociale odierno, ma molto diffusa nell’antichità. Tradizionalmente, la decorazione è destinate a persistere per molto tempo, di solito anche per sempre; negli ultimi sono state create anche delle tecniche per creare dei tatuaggi momentanei, o per rimuovere alcuni già disegnati.

Questa tecnica piuttosto singolare della modificazione del corpo costa nell’incidere la pelle, posticipando la cicatrizzazione, attraverso l’utilizzo di determinate sostanze; in alternativa, si effettuano punture con l’uso di composti coloranti nelle ferite. Si tratta di un procedimento molto complesso e rappresenta il frutto del progresso costante di tecniche del passato, avvolte da una patina di modernità e di evoluzione.

Le origini di questa tecnica

Il tatuaggio non è un semplice disegno inciso sulla pelle, ma ha un significato molto più profondo, implica molto di più a livello sociale. Il senso è molto intenso: gli individui, spesso, utilizzano questa pratica perché avvertono l’esigenza di comunicare qualcosa di sé, qualcosa che a parole o in altri modi non può essere espresso. Si tratta comunque di una tradizione diffusa presso numerose culture sia del passato sia più moderne, che ha condotto l’uomo in gran parte della sua esistenza. Nelle differenti località i tatuaggi hanno assunto una valenza precisa: da semplice rito di passaggio d’età, ad un vero e proprio simbolo identificativo.

A partire dal 3300 a.C. sono state riconosciute delle decorazioni pittoriche sulla Mummia dei Similaun, riportato alla luce una trentina di anni fa sulle Alpi d’Italia. Sicuramente l’Egitto, l’antica terra dei faraoni, era la valle non soltanto del Nilo, ma anche il luogo in cui si sviluppò il tatuaggio; anche all’interno delle mura di Roma, coacervo culturale, questa tecnica trovò il suo terreno fertile per una repentina propagazione. Alcuni individui, inoltre, erano soliti tatuarsi simboli religiosi per mostrare e risaltare la loro passione spirituale. È testimoniata, poi, la tradizione nel Medioevo la tradizione dei pellegrini di farsi tatuare dei simboli religiosi per avere accesso ai santuari del tempo.

L’importanza dei tatuaggi: la popolazione dei Maori

I Maori sono uno dei popoli maggiormente legati a questa tecnica di decorazione pittorica del corpo, di origini polinesiane, stabilitosi in Nuova Zelanda a partire dal 900 d.C. Il tatuaggio si è da sempre aggrovigliato alla loro cultura, svolgendo un ruolo chiave all’interno della popolazione: aveva, difatti, un significato molto importante ed era usato come strumento di comunicazione. Numerose differenze sociali contraddistinguevano la società Maori, ciascuna casta aveva un dettagliato tatuaggio di identificazione. Tra i diversi ceti, i guerrieri erano orgogliosi delle proprie decorazioni, l’obiettivo era esaltare le proprie esperienze belliche.

Per questa popolazione polinesiana, il tatuaggio era legato ad un fattore estetico, era usufruito come forma di abbellimento dell’individuo. Anche le donne erano considerate meno affascinanti, se non avevano dei tatuaggi intorno alle proprie labbra. La decorazione pittorica corporale più illustre di questa stirpe è denominata “koru“, metafora di rinascita spirituale. I tatuaggi erano eseguiti dai “Tothunga ta Moko“; essi esaminavano il volto tatuato ed individuavano un disegno. Gli anziani stabilivano, poi, se il simbolo proposto rispecchiava le differenti personalità. È sufficiente citare i Maori, dunque, per comprendere la tradizione e la cultura tatuaggistica.