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mercoledì, 4 Ottobre 2023

Sovraffollamento carceri: Italia promossa dall’UE

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Speranza Papasidero
Speranza Papasidero
Collaboratore XXI Secolo. 24 anni, studentessa alla facoltà di Lettere Moderne della Federico II, Napoli. Ama perdersi per ore nelle pagine di romanzi e racconti, adora i gatti e sogna di diventare giornalista, editore e scrittrice.

L’Italia è stata promossa dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sul problema sovraffollamento delle carceri. Il comitato europeo ha riconosciuto i significativi risultati ottenuti dal nostro Paese nell’ultimo anno, esprimendosi anche sull’esecuzione della sentenza Torreggiani del 2013.

In data 8 gennaio 2013, la 2° Sezione della Corte di Strasburgo ha condannato il nostro Paese a risarcire 7 detenuti, costretti a vivere durante la loro permanenza in carcere in condizioni definite “disumane e degradanti” dal giudice Guido Raimondi. Lo Stato italiano venne accusato per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU), successiva alla denuncia di alcuni detenuti delle carceri di Busto Arsizio e Piacenza tra il 2009 e il 2010, costretti a scontare, inoltre, la propria pena in celle triple e con meno di 4 mq a testa. Fondamentale durante il dibattito del caso è stato il problema del sovraffollamento carcerario definito “gravissimo” dai giudici europei, facendo chiaro riferimento alla privazione dello spazio vitale necessario alla sopravvivenza, pari a non meno di 3 mq.

Nel 2010, nelle carceri italiane, lo spazio vitale per ogni detenuto era pari a 2,7 mq. Attualmente nei penitenziari del nostro Paese sono detenute 67.437 persone, a fronte di una capienza regolamentare di 45.281. Da questi dati si deduce la drammaticità del problema in tutta la sua crudezza. Queste cifre sono valse all’Italia negli anni passati il primato europeo per sovraffollamento carcerario, pari al 140% in riferimento alle statistiche aggiornate al 2013, grazie alla denuncia arrivata a Roma da un dossier di Fp Cgil sulla condizione degli istituti penitenziari. Proprio questo dato ha spinto l’UE a intervenire per fare in modo che lo Stato italiano adottasse misure idonee a risolvere il problema. Interventi ritenuti assolutamente necessari anche in chiave economica: a favore dei ricorrenti è stato disposto un equo indennizzo pecuniario, tra i 10.600 e i 15.000 €. Complessivamente, lo Stato è tenuto a pagare circa 96.000 €, se si tengono in considerazione anche somme più esigue pari a 1.500 € attribuite ai ricorrenti a titolo di rimborso di spese legali.

Oggi la situazione appare notevolmente migliorata. Nella decisione del Comitato dei ministri si legge che la questione verrà ripresa al più tardi nella sua riunione del giugno 2015, per poter fare esami più approfonditi circa i progressi e i risultati ottenuti.

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