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Smart working: dopo la pandemia si farà un passo indietro?

Una ricerca svolta dall’Osservatorio Smart working del Politecnico di Milano sostiene che il lavoro a distanza entrerà nella quotidianità degli italiani dopo la pandemia. In particolare, è stata la School of Managment ad occuparsi di raccogliere i dati sul cambiamento del lavoro in Italia nel corso dell’emergenza. Ora, nel pieno della seconda ondata, prospetta interessanti novità per il futuro.

La ricerca ha gettato una luce sulla significativa fragilità tecnologica delle aziende italiane. Più del 69% delle imprese ha dovuto aumentare la disponibilità di PC ed hardware, mentre il 38% di queste ha dato ai dipendenti la possibilità di usare dispositivi personali. Il restante 43% ha deciso di non integrare in alcun modo la dotazione dei lavoratori.

Anche le amministrazioni pubbliche, a causa dell’arretratezza tecnologica e dei pochi fondi disponibili, hanno dovuto fare affidamento quasi completamente sulle dotazioni personali dei dipendenti. Una situazione sicuramente preoccupante, considerato l’andamento della pandemia.

Dichiara l’Osservatorio: “il lavoro in smart working è ormai entrato nella quotidianità degli italiani ed è destinato a rimanerci: al termine dell’emergenza Covid si stima che quelli che almeno in parte lavoreranno da casa saranno 5,35 milioni“.

Smart working: non sempre un vantaggio

Molti dipendenti, però, non credono che lo smart working possa essere sempre un vantaggio. Circa il 29% dei lavoratori ha avuto difficolta a separare la vita privata dal lavoro, facendo fatica a trovare un equilibro fra i due.

Inoltre, preoccupa l’idea che lavorando da casa, le imprese possano approfittarsi della maggiore flessibilità degli orari. In ultimo, i dipendenti non apprezzano l’isolamento, sostenendo che li faccia sentire alienati.

Prospettive per il futuro

I dipendenti, secondo i dati raccolti, sono molto migliorati dal punto di vista delle competenze digitali. Addirittura il 71% sostiene di avere maggiore familiarità con Pc ed hardware e più della metà afferma di aver ripensato ai processi aziendali.

Mariano Corso, il Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, commenta: “il Covid 19 ha accelerato una trasformazione del modello di organizzazione del lavoro che in tempi normali avrebbe richiesto anni.

Ora è necessario ripensare il lavoro per non disperdere l’esperienza di questi mesi e per passare al vero e proprio smart working che deve prevedere maggiore flessibilità e autonomia nella scelta di luogo e orario di lavoro, elementi fondamentali a spingere una maggiore responsabilizzazione dei risultati“.

Anna Borriello
Anna Borriello
Scrivo per confrontarmi col mondo senza ipocrisie e per riflettere sul rapporto irriducibile che ci lega ad esso.