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Sei personaggi in cerca d’autore – 100 anni dopo

“Sei personaggi in cerca d’autore” l’effetto dirompente e di rottura con il teatro borghese del secondo 800′ della riflessione pirandelliana fu avvertito immediatamente dal pubblico.

Henrik Ibsen in “Nemico del popolo” (1882) dava battaglia a qualsiasi velo positivo della weltschaguun borghese, rivelandone le ipocrisie del profitto e del guadagno.

Ciò per Luigi Pirandello fa unicamente da sfondo alla vicenda ideata dal disperso autore-deus ex machina di una trama abbandonata.

Il teatro Valle di Roma la sera del 9 maggio 1921 si trasformò in una bolgia, al punto che Luigi Pirandello fu costretto ad uscire dal retro.

Una cesura con la formula di rispecchiamento tra personaggio e pubblico; la maschera si dissipava dinanzi all’attore, ma ancor più dinanzi all’autore.

Sei personaggi in cerca d’autore la trilogia del metateatro, abbatte la soglia della quarta parete, andando oltre alla formula presentissima nel teatro shakespeariano.

Se il “bardo” immortale in “Hamlet” e “Re Lear” mette in mostra un doppio recitativo attraverso i personaggi, Pirandello disvela e infrange il rapporto tra forma e vita.

Dalla frattura con il meccanismo dell’ideazione creativa della rappresentazione scenica, l’intero perimetro dello spazio teatrale non conosce frontiera e cade nella vita.

L’esistere, la vita reale, desiderio sotteso dei soggetti ideati e tralasciati è costretta a vedere la schouperaniana volontà vanificarsi nell’ inautenticità nel passaggio dalla pagina alla performance.

Lo stesso referente comunicativo, il linguaggio, parimenti al tempo, si dilata e si frammenta senza aver corrispondente semantico, anticipando quelle linee dibattute da Eugene Ionesco in “La cantatrice calva” (1950) oppure da Samuel Beckett in “Aspettando Godot” (1953).

Pirandello già nella forma romanzo, a partire dalle prime riflessioni meta-narrative sorte con i primi romanzi ed esplosa nella formula autodiegetica de “Il fu Mattia Pascal”, che mette in mostra lo strumento umoristico per sviluppare un meccanismo dissipante ogni certezza assiologica, fino alla stessa esistenza.

Nella formula teatrale dopo il grottesco in cui riflette sul ruolo della maschera e della trappola, si cimenta nella frantumazione di ogni convenzione, senza escludere nemmeno l’autore.

 

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."