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“D10s Maradona”, l’edicola votiva e la reliquia

L’iniziativa giunta a poche ore dalla morte del Pibe de Oro, Diego Armando Maradona, di denominare lo stadio San Paolo in suo onore ha fatto il giro del mondo, trovando consensi unanimi al punto da spingere alcuni da porre lo stesso per la Bombonera del Boca Junior.

Come non pensare all’apporto dato da Maradona nel campo onomastico, segnalato statisticamente dalle innumerevoli nascite registrate con il nome Diego tra fine anni 80′ e 2000, nel napoletano ma anche in America Latina.

Maradona col suo carisma ha lambito a figura a tratti mistici, grazie alla carica polemica che va oltre ai confini sportivi di cui era impareggiabile, divenendo icona socioculturale e politica degli ultimi, dalla parte degli ultimi.

E ciò è comprovato dalla proliferazione di immagini al limite dell’iconoclastia che appaiono dagli anni dei successi calcistici tra Napoli e Argentina, dalle riproducibilità fotografica nelle case napoletane dopo il gol contro la Juventus del 1985, ai murales tra Quartieri Spagnoli e via Atri, fino alle odierne opere di Jorit e di Roxy in the Box.

A tal sequenza iconografica non c’è da dimenticare nemmeno il ruolo che ne fece immediatamente un protagonista dell’arte presepiale partenopea di San Gregorio Armeno.

Eppure ad innalzare Maradona ad emblema di un’epoca e del mondo del pallone entro cui univa estasi e genio parimenti a follia e tormento ci hanno già pensato tempo addietro la combinazione alchemica tra l’arte sacra nelle sue sfaccettature e il folklore partenopeo e argentino in maniera limitrofa tra sacro e profano.

Per coloro che conoscono bene Napoli, camminando nelle aree del centro storico, nei pressi del Dio Nilo, exempla del rapporto con mondo egizio con Napoli, salta all’occhio un’edicola innalzata a D10s.

L’edicola votiva fa parte del clima religioso partenopeo, solitamente innalzata al santo rionale, alla Vergine oppure a Gesù Cristo.

Ma in questa viene elogiato il culto di Maradona che nato prestamente va oltre alla mera fede calcistica, colorandosi di speranze e attese di riscatto, spesso correlate alla medesima figura della liquefazione de miracolo di San Gennaro.

La struttura semplice tinteggiata di bianca e azzurro, vede poste due colonnette ai lati, con capitelli richiamanti i due scudetti e la coppa Uefa vinti col Napoli; centrale vi è l’effige di Diego, circondata di figure cristiane tipiche della spiritualità campana e meridionale. 

Inutile quasi sottolineare lo scopo encomiastico, ma l’esibizione va ben oltre, sfociando nella spiritualità, quel momento della napoletanità moderna e vicina nella memoria, divenuta nomenclare siglo de oro.

Ad impreziosire l’edicola è la presenza della reliquia, ovvero un capello appartenuto al Pibe de Oro, sulla cui storia l’appeal affabulatorio non è mancato nemmeno allo scrittore Maurizio de Giovanni.

Leggenda narra di un tifoso il  quale prese un aereo insieme a Maradona e avente la beata sorte di sedere dietro al campione.

Alla fine del viaggio, questo anonimo tifoso sottrasse il pannello poggiatesta per trarne il cimelio oggi esibito in modo sacrale, avvolto dentro la cornice-techa che avvolge il mito e l’essenza di una gioia sportiva e non condivisa anche da chi non ha mai tifato per il Napoli.

«San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma ‘na finta e Maradona squaglia o’ sanghe dint ‘e vene» chiosò magistralmente Luciano De Crescenzo.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."