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Santissima Annunziata, la Madonna e le scarpe consunte

Un antico detto napoletano recita:

A Santa Annunziata, tutto ‘o popolo è saziàt”

Questo modo di dire affonda radici profonde nella cultura religiosa, e non solo, partenopea. Accosta infatti al giorno 25 Marzo, in cui si celebra la festa dell’Annunciazione del Signore, principale e più sentita festa mariana, la sazietà. Potrebbe sembrare un controsenso, o magari una visione figurativa della spiritualità, in realtà esso si lega ad una tradizione culturale molto antica della città di Napoli, quella della Madonna dalle scarpette consumate.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di ricostruire le origini di questa tradizione, partendo da un excursus attraverso i luoghi ad essa collegati, iniziando, per l’appunto, dall’attuale basilica dell’Annunziata.

La basilica della Santissima Annunziata Maggiore è una basilica di Napoli, situata nel quartiere Pendino nei pressi di Forcella. Essa è parte di un vasto complesso monumentale di cui originariamente erano parte anche un ospedale, un convento, un ospizio per i trovatelli ed un “conservatorio” per le esposte. L’istituzione, fondata nel 1304 per volere di due galantuomini napoletani, i fratelli Nicolò e Jacopo Scondito, fu patrocinata in seguito dalla Congregazione della Santissima Annunziata, fondata nel 1318. Il complesso, così come gli altri della congregazione, si occupava prettamente della cura degli infanti abbandonati.

Nel 1343 la regina Sancha d’Aragona, moglie di Roberto d’Angiò, effettuò una donazione alla congregazione, che dall’epoca visse all’ombra dei re di Napoli, veste giuridica con il nome di Real Casa dell’Annunziata di Napoli, pietra miliare della città, diventando punto di riferimento per l’accoglienza di tanti neonati, spesso frutto di relazioni illecite, ragazze madri, donne economicamente disagiate, arginando l’abbandono minorile

La congregazione venne poi sostenuta anche dalle famiglie nobili di Napoli che l’arricchirono, permettendole di vivere fino alla metà del Novecento.

Gli edifici del complesso furono variamente rimaneggiati, l’ospedale ginecologico e pediatrico, sopravvissuto fino ad oggi, fu restaurato più volte, l’ultima nella metà del XVIII secolo dai Borboni, come si legge dalle iscrizioni del cortile interno.

La prima chiesa dedicata all’Annunziata venne edificata nel XIII secolo per volere degli Angioini, venendo ampliata nel 1513 per accogliere i fedeli, lavori che si protrassero a lungo, tanto che nel 1540 furono diretti da nel 1540 da Ferdinando Manlio.

Nel Settecento in seguito ad un incendio, la chiesa fu restaurata dall’architetto Luigi Vanvitelli, in stile tardo-barocco, che però non vide mai la fine dei lavori, diretti dal figlio Carlo. Forte è l’influenza del classicismo francese dei secoli XVII e XVIII.

Ciò risulta evidente soprattutto nella facciata esterna, caratterizzata da un andamento concavo e ornata con due ordini sovrapposti di colonne classiche. Sulla sinistra della chiesa è conservato il possente campanile cinquecentesco.

La seconda guerra mondiale danneggiò l’edificio gravemente, che fu però nuovamente restaurata Con una pianta a croce latina, un’unica navata e sei cappelle laterali, rientra tra le più belle creazioni di Luigi Vanvitelli, il cui intervento è molto visibile, come si evince dalle 44 colonne corinzie binate che raccordano la navata alle cappelle laterali, esplicito rimando alla Cappella Palatina nella Reggia di Caserta, realizzata dal Vanvitelli.

È da citare tra le opere più prestigiose che vi trovano posto all’interno, la Cappella Carafa, sopravvissuta al disastroso incendio, conservando marmi e monumenti sepolcrali del XVI secolo, e la Cappella del Tesoro, della fine Cinquecento, edificata da Giovan Battista Cavagna per custodire le reliquie dei Santi provenienti dal feudo di Lesina, donato alla Real Casa dell’Annunziata da Margherita di Durazzo nel 1411.

Vi si trovano anche i sepolcri di nobili napoletani, tra cui i Caracciolo, e la statua lignea della Madonna dei Repentiti con Bambino, del XIV secolo, detta affettuosamente “Mamma Chiatta”.

All’interno della sacrestia si riscontrano affreschi di Belisario Corenzio Le storie del Vecchio Testamento, composte tra il 1605 ed il 1607, mentre gli arredi lignei intagliati sono di Giovanni da Nola, Salvatore Caccavello, Girolamo D’Auria e Nunzio Ferraro.

Un ulteriore elemento di spicco è la maestosa cupola di Carlo Vanvitelli che dona maestosità all’intera struttura, l’altezza della chiesa raggiunge i 67 metri.

Tra gli elementi recuperati dell’edificio cinquecentesco si trova la sepoltura di Francesco Nomicisio, vescovo di Lesina, che morì a Napoli nel 1507 e fu sepolto, in quanto rettore, all’interno di questa basilica. Se ne può ancora oggi leggere l’epitaffio che recita “REVERENDO DOMINO FRANCESCO NOMICISIO HUIUS ALMAE BASILICAE RECTORI ET PONTIFICI LESINESI MAGISTRI SEPULCRUM FECERE AN. SAL. MDVII”.

Per consentire le celebrazioni durante i lavori di ricostruzione, Vanvitelli realizzò una chiesa sotterranea, seminterrata, rispetto al livello del cortile, a pianta circolare e a volta ribassata, con sei nicchie-altare dove ci sono alcune delle sculture sopravvissute all’incendio della chiesa. A rimarcare la particolarità dello spazio è un cerchio interno costituito da otto coppie di colonne tuscaniche.

Un altro elemento distintivo legato al nome dell’Annunziata è la Ruota degli esposti, tamburo di legno dove si adagiavano i neonati esposti, affidati alla provvidenza divina e all’intervento delle suore. Lungo via dell’Annunziata, a sinistra dell’arco cinquecentesco d’ingresso, è ancora visibile questa ruota, recentemente ristrutturata.

I bambini che vi crescevano erano i cosiddetti figli della Madonna, o figli d’a Nunziata, o ancora gli Esposti. Da qui deriva uno dei cognomi tipici napoletani, Esposito, perché tutti i bambini ricevevano il nome di battesimo dalla balia che li accudiva, mentre il cognome, per regolamento, era uguale per tutti.

Spesso i neonati non sopravvivevano alla prima settimana di vita, i più fortunati venivano affidati a balie esterne su compenso o adottati da famiglie agiate.
Questa usanza restò viva fino al 1814 quando
Gioacchino Murat volle abolirla, ma solo nel 1875 la ruota fu chiusa, anche se la pratica continuò a lungo.

Eccoci giunti alla tradizione popolare riguardo la Madonna Annunziata, la quale sostiene che ella cammini di notte sfamando i poveri e gli orfani, confortando tutti i suoi figli.

Questa sarebbe la spiegazione dei devoti alle scarpette consunte della Madonna. Spiegazione dalla quale la Chiesa prende le dovute distanze, non gridando al miracolo, definendola invece pura leggenda, credenza popolare.

L’usanza vuole anche che, le donne che si recano dalla Madonna per chiedere un voto, una volta ottenutolo rendano omaggio all’Annunziata regalandole i loro capelli e raccomandandole i loro figli.

La scultura della Madonna Annunziata è una piccola statua in trono, in una teca di vetro, collocata in un angolo della chiesa, quasi a nasconderla dagli sguardi, che indossa piccole scarpette dorate, create da un artigiano del posto, sostituite ogni 25 Marzo, giorno della festa.

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II