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Sanguinaccio, tra cucina e folklore

Come si dice a Napoli, ‘del maiale non si butta via niente‘.

Infatti, fin dai tempi antichi, i maiali venivano allevati, messi all’ingrasso fino ad arrivare allo loro brutale uccisione per trarne ogni piacere culinario.

Di tutto ciò che deliziava il palato alla messa in bando della tavola partenopea, restava soltanto il sangue del maiale che, abilmente, i contadini delle campagne trasformarono in un dolce tradizionale che è ancora molto apprezzato ai nostri giorni: il sanguinaccio.

Il sanguinaccio, che spesso accompagna le ‘chiacchiere’ durante il periodo di carnevale, veniva originariamente preparato con il sangue di maiale, accuratamente mescolato ininterrottamente onde evitare la coagulazione.

Successivamente veniva fatto filtrare prima di essere unito alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame su fuochi a legna, a cui veniva aggiunto, poi, caffè, cacao, cannella, chiodi di garofano, uva passa e altre spezie oltre ad una buona quantità di zucchero per addolcire il tutto.

L’antica origine di questo ingrediente che, nel 1992 per motivi di igiene venne vietato, è da ricondurre a Sant’Antonio Abate, che viene celebrato il 17 gennaio.

Il santo, vissuto in Egitto tra il III e il IV secolo, è sempre stato invocato per la guarigione dell’herpes zoster, o come viene definito da noi il ‘fuoco di San’Antonio, che in tempi antichi veniva curato grazie al grasso di maiale; per questo motivo il santo viene raffigurato tra le fiamme e con un maiale accanto. 

Ma l’utilizzo del sangue di maiale per il dolce carnevalesco ha anche delle origini pagane, infatti, lo ritroviamo nella tradizione medievale delle nostre campagne, dove l’uccisione dei maiali avveniva proprio tra i mesi di gennaio e febbraio.

Oggi, invece, nonostante il divieto di vendita del sangue di maiale, molti continuano ad usarlo in casa per questa preparazione, altri invece, si affidano al sapere indiscusso dei pasticcieri che hanno saputo trovare una valida alternativa all’ingrediente mancante, conservandone il gusto.