San Gregorio Armeno fulcro della cultura napoletana non riapre.
E’ da giorni che il grido di protesta degli artigiani dell’arte del presepe napoletano tuona contro le autorità regionali e comunali.
Il motto “Io non riapro” di San Gregorio Armeno è la voce di un settore avvilito da tre mesi di chiusura, con la produzione ferma e le vendite bloccate.
Ad incidere maggiormente, è la mancanza di turismo, soprattutto estero, capace di portare guadagni anche oltre al più redditizio periodo natalizio.
Ma, San Gregorio Armeno, la via dei presepi, è fondamentale per la ripartenza del settore turistico e alberghiero del capoluogo campano.
Infatti, San Gregorio Armeno è elemento trainate delle attività ristorative e alberghiere site nel cento storico della città di Napoli, dai bar, alle pasticcerie, ai B&B, fino agli hotels e pizzerie.
Negli ultimi 10 anni il numero di bed and breakfast ha avuto un picco esponenziale nell’area del centro storico, capace di assorbire capitali umani con competenze linguistiche e organizzative direttamente estrapolate dal territorio.
La mole culturale e fascinosa dell’arte del presepe, capace di immettere il mondo del nuovo nella capannina di Gesù sotto forma di statuina, ha pagato amaramente il lock-down e adesso vige priva di risorse economiche proprie e senza piani cautelative da parte dei piani regionali e comunali.
Un settore delicato come quello dell’artigianato, allo stesso tempo vicino all’arte, è già di per se sempre vicino all’estinzione; nel caso di Napoli, il danno avrebbe effetti collaterali ribaltandosi anche sul patrimonio umano e culturale, quindi economico del microcosmo partenopeo.
Basti pensare che nello scorso anno, Napoli e in particolare il centro storico, tra le festività natalizie, pasquali e il maggio dei monumenti, a cui fanno seguito i vari ponti che si intervallano durante l’anno, è stato il capoluogo del Mezzogiorno con maggior percentuale di turisti nazionali e stranieri; mentre sul piano delle città nazionali, è stata seconda solo a Firenze, capitale del Rinascimento.
Tali statistiche hanno portato un esito positivo per le casse dell’economia del Mezzogiorno, avente come punta di diamante il binomio patrimonio cultural-etno-gastronomico e turismo.